Franco Bartolini

FRANCO BARTOLINI: UN PARTIGIANO, UN COMUNISTA

Crediamo sia necessario e politicamente valido per la nostra sezione ANPI   descrivere brevemente il profilo umano e politico del partigiano Franco per comprendere meglio, con gli occhi di oggi, i fatti e i protagonisti, le vicende umane, le motivazioni e i valori  della lotta partigiana di liberazione dal fascismo  proprio per ritrovarvi le basi morali delle tante resistenze che dobbiamo fare ancora oggi, in difesa di quel patrimonio storico e civile.

Franco Bartolini  nasce a Roma  il 6.9.1920  nella vecchia “spina di borgo” a S.Pietro  da una famiglia di artigiani.  Il nonno era un piccolo impresario edile e il padre tappezziere. Terminate le scuole superiori  Franco inizia come apprendista a lavorare nel laboratorio di scultura e restauro di un noto maestro d’arte dell’epoca  e nelle ore serali alla scuola di arti ornamentali di via S.Giacomo a Roma  dove si diploma.

Con l’avvento del fascismo e gli accordi del regime con lo Stato del Vaticano, la “spina di borgo” viene sventrata e al suo posto nasce l’attuale via della conciliazione.  La sua famiglia, come altre sfollate, fu trasferita nella periferia di Roma  nella borgata Garbatella. Il padre, Duilio, già nel 1925, quando Franco era appena un bambino, davanti ai suoi occhi, scampò ad uno sparo partito da un camion di fascisti a Borgo Pio per non aver salutato romanamente al loro passaggio.

Prima di essere chiamato alle armi, Franco aveva militato nel movimento comunista di Bandiera Rossa,  allora molto numeroso a Roma ma male organizzato e con pochi mezzi a disposizione. Costretto alle armi e in piena guerra colonialista del regime fascista  viene spedito in Albania dove rimane ferito da una scheggia di mortaio.  Con la scheggia nell’addome viene trasferito all’ospedale  militare di Careggi, Firenze. Dopo una breve pausa di convalescenza  Franco è spedito di nuovo al fronte   ma questa volta per colonizzare l’Africa insieme all’alleato nazista. Catturato e fatto prigioniero dalle forze anglo-americane, viene internato in un campo di concentramento gestito dai militari francesi  a Gefa, in pieno deserto del Sahara, a 450 km da Algeri. Con una fuga memorabile dal campo di concentramento di Gefa,  riesce successivamente ad avvicinarsi al territorio italiano sbarcando in Corsica, poi in Sardegna e da lì a Cassino,  dove il 2 Gennaio del 44 trova finalmente il suo vero posto di combattente antifascistaa  tra le file della Brigata Vestri (rossa) guidata dal CLN  che stava risalendo verso Roma.

Inizia così l’esordio di Franco nelle file dei GAP (gruppi armati partigiani) nella maggior parte facenti capo al P.C.I. Raggiunta la capitale, il partigiano Franco entra nella clandestinità per proseguire la lotta armata contro il nazifascismo.  Successivamente diventa comandante partigiano dei GAP nella zona nord di Roma. Muovendosi  tra i GAP e Bandiera Rossa  compie varie azioni militari di guerriglia e propaganda armata, una delle quali fu il lancio di un pacco di volantini di Bandiera Rossa all’interno del cinema Garbatella (oggi Teatro Palladium).

Con la fine della dittatura fascista e la liberazione  Franco riprende la sua attività lavorativa di artigiano ebanista e scultore in legno. Iscritto al PCI, svolge incarichi di responsabilità come dirigente della consulta nazionale dell’artigianato e segretario della sezione Aurelio. Il 14 luglio del 1948, in occasione dell’attentato a Togliatti, come segretario della sezione Aurelio del PCI, raduna più di 200 compagni e in poche ore si dirige verso il centro della città in attesa di indicazioni dai dirigenti del partito. Viene fermato dalla polizia durante le manifestazioni e gli scontri di piazza,  che per alcuni preludevano ad uno sbocco rivoluzionario, e condotto al carcere di Regina Coeli in stato di arresto  sconta la pena di un anno e mezzo di prigione  per oltraggio  e resistenza a pubblico ufficiale. Scontata la pena, il partigiano Franco prosegue la sua militanza nel PCI  e nelle lotte portate avanti in quegli anni dal movimento operaio, finchè la maturazione politica di critica alle posizioni dei dirigenti del PCI,  ritenute revisioniste e di cogestione con gli interessi del capitalismo,  lo porta ad uscirne nel 1970  con una dichiarazione pubblica  resa durante una manifestazione popolare al teatro San Lorenzo.

Ma il partigiano Franco non si ritira a vita privata e a seguito della sua scelta politica inizia un lungo rapporto di militanza politica con il movimento dell’Autonomia Operaia e i giovani dei centri sociali contribuendo con la sua esperienza di combattente antifascista  alle numerose lotte operaie e di massa degli anni 70-80.

Compatibilmente con  l’età avanzata  e la sua malattia,  il contributo politico di Franco alla lotta per il superamento del capitalismo e l’affermazione concreta dei principi irrinunciabili della giustizia sociale e della dignità umana  nati dalla resistenza al nazifascismo è proseguito coerentemente fino al suo decesso avvenuto il 12 Aprile 2001