giovedì 11 novembre 2010

documenti per il congresso

Ecco il documento per il congresso di sabato 27 novembre elaborato dal direttivo della sezione Franco Bartolini e approvato dal congresso




ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA

SEZIONE “FRANCO BARTOLINI” TRULLO-MAGLIANA
PIAZZA MOSCA 50, tel 0697603529
sez.anpi.bartolini@gmail.com - www.anpitrullo.blogspot.com


DOCUMENTO POLITICO PROGRAMMATICO
PER IL I° CONGRESSO DI SEZIONE DEL 27 NOVEMBRE 2010

-CONTESTO GENERALE

Quindici anni di liberismo del  Governo Berlusconi   hanno  progressivamente scardinato lo stato sociale, deregolamentato il rapporto di lavoro ed annullato di fatto il contratto nazionale, portato il Paese a partecipare alle varie guerre in atto nel mondo, approvato leggi razziste e xenofobe dando volutamente spazio  ad una cultura fascista e favorendo la riorganizzazione di movimenti facenti riferimento al passato regime, suggellato il rapporto tra politica ed affari, aggravando il progressivo disastro ambiente, dato spazio ad uno scontro nel paese tra nord e sud favorendo tutti i piani separatisti della Lega Nord. Per contro abbiamo visto un’opposizione che via via ha abbandonato i temi dello stato sociale, della difesa dei diritti dei lavoratori, che ha appoggiato i finanziamenti alle missioni di guerra, che si è fatta portavoce di politiche securitarie, che non si è nei fatti opposta al macroscopico conflitto d’interessi del capo del governo e non solo, che ha accettato una legge elettorale palesemente antidemocratica, un’opposizione che in sostanza  non senza contraddizioni al suo interno, si è messa in concorrenza con  lo schieramento governativo su politiche autoritarie ed antipopolari.

Molta della  legislazione attuata in questi ultimi anni  si può considerare già del tutto fuori dai dettami costituzionali, dobbiamo,  noi ANPI, chiaramente opporci ad una politica che sta distruggendo quanto è stato conquistato proprio da quelle donne e uomini in onore ed in nome dei quali questa associazione fu fondata. Facciamo integralmente nostra  la denuncia del Presidente Raimondo Ricci nella sua relazione per il Comitato Nazionale ANPI del 18 giugno 2010 dove ”denuncia altresì la minaccia di una vera e propria manomissione del regime democratico
uscito dalla guerra di Liberazione  e dalla Costituzione antifascista del 1948, di cui sono stati sovvertiti, nel loro contenuto politico di libertà, di uguaglianza, di partecipazione, di equilibrio e di garanzia, ben 55 articoli, con dirottamento del potere sui processi formativi delle leggi dalle Camere ad una nuova  figura di Primo Ministro intoccabile, dilatandone smisuratamente i poteri ed affidandogli, addirittura, quello di sciogliere a suo piacimento le Camere, manomettendo gli equilibri  e le funzioni di garanzia del Presidente della Repubblica, il quale viene espropriato delle sue funzioni più alte, con ulteriore intervento sulla natura e sulla formazione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore  della Magistratura al fine di affievolirne l’indipendenza e le funzioni di equilibrio e di garanzia
.” Più avanti viene sottolineato ancora il pericolo di ”una deriva antidemocratica - negatrice dei principi fondamentali e delle regole della nostra Costituzione- e di un sistema di potere autoritario, personale e populistico nei metodi della ricerca del consenso. Una deriva che ha già causato danni considerevoli per lo sviluppo ed il progresso nazionale e tende sempre più a realizzare –come sottolineato anche da molte voci autorevoli della cultura –un vero e proprio mutamento di regime.” 


- IL RUOLO DELL’ANPI

Proprio per la coerenza con questa analisi  dobbiamo oggi  assumerci l’onere e la responsabilità  di una battaglia contro questa involuzione autoritaria stando a fianco di quanti lottano per difendere diritti costituzionali, indipendentemente da chi governa, nella scuola e nei posti di lavoro, contro
il precariato, con gli  immigrati contro il reato di clandestinità ed i CIE, nei quartieri per i servizi sociali e contro il degrado, il razzismo ed il fascismo, contro la politica delle multinazionale che distruggono l’ambiente.

E dobbiamo riconsiderare anche il rapporto della nostra associazione  con le istituzioni, con gli esponenti politici di governo a tutti i livelli, da quello nazionale a quello comunale e provinciale con quei ministri, deputati, senatori consiglieri che si adoperano per distruggere la scuola pubblica,
per  una politica economica corporativa ed autoritaria che fa del mercato, dell’impresa e del profitto privato le basi della società, per un’idea di nazione portatrice di civiltà superiore che fa della guerra lo strumento per risolvere le contraddizioni.

All’interno del tessuto istituzionale dobbiamo discernere, non ha senso il rispetto delle istituzioni della Repubblica come se queste fossero un semplice contenitore che si può riempire a piacere, non si possono distinguere le istituzioni dalle politiche e dalle ideologie di chi le governa, faremmo un
torto proprio a quanti hanno combattuto durante la resistenza e ai Padri Costituenti se rispettassimo non i valori  di quelle istituzioni ma il loro stravolgimento o capovolgimento perpetrato da politici reazionari. Non possiamo infatti dimenticare che oggi gli attacchi più violenti ai valori della costituzione, alla storia della resistenza  e alla cultura antifascista provengono da soggetti e partiti che sono ai vertici delle istituzione del nostro paese, sia a livello locale che nazionale. Neanche possiamo far finta di non vedere che questi personaggi e questi partiti sono in stretta relazione, quasi in un rapporto di osmosi, con gruppi e organizzazione dichiaratamente neofasciste.
Come possiamo per esempio fare distinzione fra il Comune di Roma e il Sindaco Alemanno, che sempre osteggia la celtica al collo e che, per citarne una, il giorno 22 ottobre ha dato il patrocinio del Comune di Roma ad una iniziativa di Casa Pound e del gruppo nazirock ZetaZeroAlfa il cui motto tra gli altri è ”fascismo stile di vita”?. E come dobbiamo  considerare Renata Polverini eletta nelle liste di Alemanno e appoggiata dalla “Destra“ di Storace, prima esponente della  CISNAL, sindacato del MSI, oggi segretaria dell’UGL? E ancora  come dobbiamo reputarla per la sua vicinanza a Casa Pound e alla destra neofascista romana e per non aver preso chiara e inequivocabile posizione contro la “marcia su Roma” del 7 maggio scorso? Ci domandiamo cosa pensano la Polverini, Alemanno e tutto il Pdl della polemica revisionista sull’equiparazione fra repubblichini e partigiani, cosa pensano delle organizzazioni che fanno esplicito riferimento al partito fascista la cui ricostituzione è vietata dalla nostra Costituzione, cosa pensano delle escalation di aggressioni neofasciste a studenti, antifascisti e stranieri a cui assistiamo già da troppo tempo. Ci interroghiamo intorno al nesso fra le ambigui posizioni di suddetti personaggi, sia a livello locale che nazionale, e la crescita dei livelli di violenza ed intolleranza nelle nostre città .
Il 25 Aprile la provocazione stava nella presenza della Polverini sul palco ed il lancio del fumogeno, da questo circolo condannato, non cambia il senso di una scelta da noi considerata sbagliata. Ci chiediamo cosa ci sia da spartire fra partigiani ed antifascisti che hanno dedicato la loro vita all’affermazione dei valori di democrazia e libertà, e personaggi pubblici dal passato noto e dal presente poco chiaro, i quali fino ad oggi non si sono espressi chiaramente sui temi che rappresentano il quotidiano impegno dell’ANPI.

Per questo non siamo  d’accordo, come afferma il documento programmatico nazionale,  che  il problema non è il contrasto tra destra e sinistra ma il dissidio fra chi aggredisce la costituzione e chi la salvaguardia. Ma  non è  forse lo schieramento di centro destra, come lo stesso documento dice in altre parti, ad aggredire costantemente il dettato costituzionale e non è lo stesso Fini, da
molti oggi  ritenuto un democratico di destra, a proporre ora  la privatizzazione della RAI e ad aver  dato avvio con Berlusconi e Bossi proprio al  sovvertimento di quei 55 articoli di cui parla il presidente Ricci? E la rincorsa del centrosinistra delle politiche securitarie e degli interessi degli imprenditori non ha forse giovato a questo disegno autoritario? Siamo in sintonia con  il Comandante Massimo Rendina  quando afferma, nelle sue indicazioni e considerazioni per il dibattito congressuale, che ”c’è però da chiedersi quale collocazione deve avere l’ANPI nel contesto politico. Pur ammessa l’obsolescenza semantica delle categorie sociali a cominciare dalle definizioni di destra e sinistra la diffida pervenutaci dalla nostra Presidenza Nazionale a dirci di sinistra ingenera l’equivoco relativo sia all’abbandono della nostra tradizionale linea politica sia al rapporto di collaborazione con i partiti politici, movimenti, sindacati, associazioni, che vogliono attuati i dettami costituzionali per il conseguimento di una comunità improntata alla giustizia sociale. Il ricorso storico al CNL come organismo unitario di parti dalle ideologie diverse, anche antitetiche non regge se appunto si considera come i costituzionalisti le hanno accolte e conciliate dando al lavoro, e al diritto al lavoro, il ruolo preminente nella società e sottoponendo la stessa proprietà privata all’interesse comune.” E questo proprio perché, come ancora Rendina afferma, “non è ancora finita la ricerca delle istanze e dei valori resistenziali, e la convinzione che la Costituzione fu il punto d’arrivo ha costituito l’alibi per non risalire alla Resistenza come fonte di una nuova concezione della persona e della società.”

Concordiamo nel ritenere che l’Associazione non è un partito e che quindi debba essere aperta a tutti gli antifascisti e sinceri democratici e che pertanto debba mantenere la sua autonomia da partiti e sindacati ma anche da quelle istituzioni ostaggio di politicanti nostalgici, razzisti e che mirano ad una cancellazione della carta costituzionale.

Dobbiamo fare un dibattito aperto su tutti questi temi, senza nessuna prevenzione o anatemi, dobbiamo parlare di politica analizzando la società in maniera obiettiva e documentata e definire quali sono le nostre linee guida e su questo innestare poi le questioni organizzative, decidere i delegati e gli organi dirigenti. Dobbiamo come dichiara il presidente Rendina “prendere atto del radicale cambiamento della nostra associazione che impone variazioni sostanziali allo statuto e all’organizzazione tali da mutare la fisionomia associativa di ex combattenti con quella di un sodalizio impegnato nella diffusione dei valori resistenziali, nella loro promozione, difesa e valorizzazione quale patrimonio della nazione e magistero del suo sviluppo democratico. L’illusione che il problema del ricambio dei quadri direttivi sia dilazionabile compromette il futuro dell’ANPI”.
Diamo vita alla nuova stagione dell’ANPI con maggiore impegno e convinzione. Questo è quello che ci chiedono gli stessi partigiani che hanno fatto in modo, nel precedente congresso di Chianciano nel 2006, di permettere a moltissime persone, diverse tra loro, ma accomunate da alcuni valori fondamentali, di poter condividere il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’ANPI; con un  impegno concreto, civile e democratico, per conservare, tutelare e diffondere la conoscenza delle vicende e dei valori della Resistenza e nella difesa della Costituzione Repubblicana che da essa è nata. Questo ha permesso uno sviluppo dell’associazione, una crescita notevole degli iscritti e l’apertura di moltissime sezioni, fra le quali vi è la nostra, dando vita un cammino di confronto e contaminazione reciproca, che dà respiro alle basi naturali della democrazia partecipata. Ora va rafforzato questo importante e decisivo processo.


- LE BATTAGLIE

In merito alle  battaglie nazionali dell’ANPI  siamo  d’accordo in generale sulle tematiche espresse dal documento in particolare  per una riforma elettorale, aggiungiamo in senso proporzionale; contro il razzismo e la xenofobia  tenendo presente che essi sono generati ed alimentati  dalle
guerre e dalla dittatura economica delle multinazionali  il cui scopo è anche quello di  disporre di  milioni di uomini e donne senza diritti, ricattabili e utilizzabili da un mercato del lavoro senza regole; quindi come sancito dalla Costituzioni ci dobbiamo opporre ad ogni tipo di missione militare e di conflitto armato che possa coinvolgere le nostre forze armate.
Diamo vita ad una nuova e forte battaglia contro il neofascismo che sempre più si diffonde nel nostro paese con la nascita di associazioni e spazi, spesso grazie ad amministratori compiacenti mascherati da politici democratici, che fanno esplicito riferimento alla dittatura del ventennio. Vi è la necessità di una campagna per la messa al bando di tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste, a partire da CasaPound, Forza Nuova e Fiamma Tricolore i cui militanti si macchiano di violenze e aggressioni contro studenti, antifascisti ed immigrati.
Siamo per l’unità del Paese, per un’informazione libera e indipendente, per la giustizia. Riteniamo altresì che a queste battaglie altre dovrebbero essere aggiunte come quelle in difesa dell’ambiente impedendo la privatizzazione dell’acqua, il ritorno al nucleare e le grandi inutili opere che devastano il territorio e sperperano denaro pubblico. La riforma Gelmini, che sta distruggendo la scuola con tagli drastici a docenti e ricercatori e che si ripercuotono sugli studenti, va contrastata; pericolosa è infine l’approvazione del ”codice disciplinare per i dirigenti scolastica“ che ricatta gli insegnanti critici con minacce di sospensioni dal servizio e dello stipendio con il pretesto di dichiarazioni “lesive dell’immagine dell’amministrazione“.
Siamo contro la tortura e la recrudescenza della violenza della polizia e  dei carabinieri come nei casi più recenti di Stefano Cucchi  sul cui corpo sono stati fatti maltrattamenti terribili, di Federico Aldovrandi pestato a morte in piena strada, di Francesco Mastrogiovanni morto in un letto
di contenzione dopo un TSO. Violenza statale che viene da lontano: dalla strategia della tensione, dalla  legge Reale, fino a  Bolzaneto e alla Diaz  e  a quella  più recente  di Terzigno dove si vuole mettere a tacere un’ intera popolazione che combatte per il diritto alla salute e la salvaguardia del territorio. Dobbiamo iniziare una vasta campagna per l’introduzione del reato di tortura 
ricordando anche che l’Italia è sotto accusa da parte della commissione europea  per la prevenzione della tortura.
La memoria storica deve caratterizzare tutta la nostra opera. Deve essere compito dell’Anpi la ricerca della verità  sulla storia del nostro Paese. Va fatta chiarezza sulle numerose stragi che hanno insanguinato l’Italia, commesse da neofascisti con la complicità di servizi segreti e apparati dello Stato, che a partire da Portella della Ginestra hanno segnato in maniera indelebile lo sviluppo della nostra patria dando vita ad una democrazia bloccata.


- L’ORGANIZZAZIONE

E’ motivo di orgoglio vedere la crescita dell’organizzazione, sapere che la nostra presenza è passata da 81 province a 110. Per quanto riguarda le sezioni dobbiamo porre al primo posto l’analisi e l’inchiesta sul territorio dalle quali conseguentemente  far  scaturire le iniziative, sviluppare un lavoro con le giovani generazioni ed interveneri nelle scuole. E’ anche importante creare in ogni sezione una commissione informazione e diffusione notizie su tutti gli aspetti che riguardano i dipartimenti territoriali e dar vita a relazioni stabili ed iniziative comuni con tutte le altre sezioni presenti in uno stesso comune.

Sugli organi dirigenti in particolare ci sembra giusta la costituzione di un ”comitato nazionale d’onore“ perché è importante l’apporto  della cultura e della scienza, ed è anche giusto ampliare i componenti del Comitato Nazionale ed aumentare la presenza di dirigenti effettivi nel Consiglio
Nazionale provenienti dalle sezione e dai Comitati provinciali. Dobbiamo dare infatti maggior voce alla base della nostra associazione coinvolgendo sempre di più i delegati delle sezioni negli organi dirigenti, ascoltare le proposte e le indicazioni delle realtà territoriali e costituire Comitati provinciali realmente rappresentativi della nostra distribuzione sul territorio. Solo così potremmo ulteriormente rafforzarci in quanto le sezioni, che oggi svolgono l’essenziale funzione di ritessere le relazioni e i legami sociali che sono alla base dei processi identificativi e solidaristici, posso dar voce a tutti i cittadini affinché riescano ad esprimere il loro profondo disagio e la volontà di cambiare il nostro Paese.


- LE GIORNATE NAZIONALI

Quella del 10 febbraio è particolarmente  importante  nel contesto attuale di revisionismo storico per contrastare le menzogne e la strumentalizzazione sulle Foibe dato che questa giornata, giustamente come dice il documento, è diventata la  giornata dell’orgoglio fascista. Dobbiamo fare informazione o controinformazione  su questa questione assumendoci come compito innanzitutto
la ricerca della verità storica creando una commissione che s’incarichi di andare a ricercare documenti, scritti, libri che trattano questa questione e che poi ne riportino i contenuti alla discussione collettiva organizzando convegni ed incontri sul tema.

Infine per i 150 dell’unità d’Italia  va bene  una grande manifestazione nazionale per affermare con forza  il no alle  politiche  secessioniste  e razziste della Lega ed è una buona occasione  per i circoli di conoscere non solo   la storia  celebrativa  ma anche quella che il potere non  racconta.


- LA SEZIONE “FRANCO BARTOLINI”

L’impegno di tutti partigiani a rinnovare l’ANPI, aprendola ai giovani antifascisti che intendono proseguire il percorso di giustizia e libertà che fu alla base del movimento resistenziale perseguendo l’opera di difesa della Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza, ha permesso la costituzione della nostra giovane sezione che oggi, esattamente ad un anno di distanza, si trova ad affrontare il suo primo congresso.

La nostra sezione è formata da una compagine trasversale ed è sorta grazie all’impegno di alcuni compagni e compagne del territorio provenienti da diverse esperienze (associazioni, sindacati, forze politiche, collettivi) ma uniti nel voler dare una risposta politica, culturale e sociale al diffondersi di ronde, xenofobia, intolleranza, omofobia, discriminazioni su base etnica e religiosa, indifferenza alle limitazioni della libertà di espressione,  riduzione del conflitto ad attività illecita, negazione dei diritti  e dell’autorganizzazione sociale; disvalori che si stanno sviluppando oggi nei territori, nei quartieri, fra la gente, e soprattutto fra le giovani generazioni. Una tendenza a nostro avviso foriera di oscure prospettive e inquietanti scenari che deve essere contrastata collegando il passato (la resistenza, la lotta partigiana, i valori della Costituzione) al presente (le lotte sociali, la difesa dei diritti e delle libertà).
Proprio nel rispetto di questo spirito e nella continuazione della vecchia con una nuova e necessaria resistenza abbiamo intitola la nostra sezione al partigiano romano Franco Bartolini. Compagno, per noi riferimento ed esempio, che è passato, sempre lottando, dai Gap a Bandiera Rossa, dal PCI al movimento degli anni ’70, perennemente in prima fila nelle lotte sociali, non rinunciando mai a raccontare la sua esperienza di partigiano e di antifascista.

 I quartieri di Trullo e Magliana dove principalmente si svolge la nostra azione sono borgate storicamente antifasciste, animate e popolate da esperienze e culture di provenienza comunista, socialista, cattolica, anarchica e dalle esperienze dei movimenti che lo hanno attraversato e caratterizzato in alcuni ambiti dal ’68 fino ai giorni nostri.

E’ stato sicuramente un anno molto proficuo e positivo per la nostra sezione. Siamo fieri di annoverare fra i nostri iscritti il partigiano Gianni, combattente nella brigata Garibaldi operante nel mestrino e nel padovano, che si è unito a noi dopo aver visto un nostro manifesto, sorpreso e felice dell’esistenza di una sede dell’ANPI in questa parte della città. Si è formato un nucleo di compagni stabile, forte e coeso; si sono organizzate iniziative di dibattito sia in piazza che in spazi autogestiti; si è preso parte a numerose manifestazioni compresa la contestazione della Polverini del 25 aprile che il presidio contro i fascisti di Casa Pound del 7 maggio; siamo stati in prima fila nella raccolta firme per i tre quesiti referendari in difesa dell’acqua pubblica e a fianco del consultorio contro gli attacchi che sta subendo. Il lancio di una campagna per far dichiarare il nostro Municipio antifascista e antirazzista ha raggiunto una vittoria importante. La petizione che abbiamo proposto, e che in meno di due mesi ha raccolto oltre 600 firme, è stata accolta dalla maggioranza del municipio con la sola e significativa esclusione dei consiglieri del PDL. Il XV° Municipio è il primo ad essere stato dichiarato esplicitamente antifascista ed antirazzista e ci dà motivo di orgoglio sapere che la stessa petizione è stata raccolta e recepita da alcuni comuni della Toscana e dell’Emilia Romagna. Andiamo avanti su questa strada!

Tanto è stato fatto pur non potendo contare su forze numerose e in un lasso di tempo molto breve, ma tanto ancora dovremmo fare. Ora va rafforzata la nostra organizzazione interna a partire da un aumento degli iscritti e dei militanti. Dobbiamo sviluppare un maggior lavoro verso i giovani,  avviare una collaborazione con le scuole alle quali abbiamo già sottoposto un progetto dal titolo “memoria storica della Resistenza ed educazione civica sui principi costituzionali”, aumentare le iniziative culturali con convegni e presentazioni di libri, dar vita una ricerca storica sulla resistenza romana in questo quadrante di Roma e prendere parte in maniera sempre più attiva alle battaglie sociali presenti sul territorio.

Pensiamo anche che sia necessario un sempre maggiore coinvolgimento ed una maggiore coesione tra le varie sezioni ANPI e ci auguriamo di riuscire a portare avanti iniziative in comune in quartieri limitrofi per cercare di costruire una rete reale di opposizione antifascista. Pensiamo che l’ANPI provinciale debba fare sua la nostra petizione popolare e aprire una campagna affinché venga accolta e votata in tutti i Municipi e allo stesso Comune di Roma.


- CONCLUSIONI

Ci troviamo di fronte ad un potere autoritario, repressivo e neocorporativo, ad una deriva antidemocratica, dai  forti caratteri eversivi tendenti a scardinare i valori democratici usciti dalla guerra di liberazione e dalla Costituzione antifascista. Una deriva che ha già provocato guasti  enormi  nel mondo del lavoro, della scola, dell’informazione, della giustizia. Un potere che sta cambiando le regole della Costituzione a partire dall’articolo uno che pone il lavoro e il
diritto al lavoro al centro della società, che accetta  la  guerra come mezzo per risolvere i conflitti, che con una legislazione razzista e xenofoba spezza il legame di solidarietà, che attraverso la svendita del patrimonio pubblico favorisce la speculazione e il malaffare .
Nostro compito è opporci a questo vero e proprio mutamento di regime  ripartendo dalla  Resistenza e dalla Costituzione per una nuova idea di società alla cui base ci siano i valori della solidarietà, della libertà e della giustizia sociale.

Il nostro rapporto con le istituzioni deve svolgersi innanzitutto all’interno di questo percorso di ricostruzione sociale denunciando ogni tentativo di violazione del diritto costituzionale ed isolando quei rappresentanti che usano le cariche istituzionali per  fini eversivi.

Conseguentemente le nostre battaglie dovranno  essere per una  riforma elettorale proporzionale, per una giustizia fondata sul principio di uguaglianza di tutti i cittadini e senza alcun contenuto o intento vendicativo della legge, contro la legislazione razzista e securitaria, per l’unità del Paese e
contro i tentativi leghisti di secessione, per l’eliminazione del conflitto d’interesse, per una scuola pubblica e laica, contro tutte le forme di lavoro precario e per una considerazione primaria  del lavoro, per un’informazione libera, per l’introduzione del reato di tortura  e per una  battaglia culturale contro il sessismo, contro  i finanziamenti alle missioni di guerra, contro ogni tentativo di criminalizzare le lotte e le proteste di  milioni di cittadini  che reclamano i loro diritti collettivi e personali.

PARTIGIANI IN OGNI QUARTIERE
OGGI E SEMPRE RESISTENZA

5 Novembre 2010                                                                  IL DIRETTIVO DELLA SEZIONE




Allegato 1


RIFLESSIONI  SULLA RESISTENZA PARTIGIANA
                                                                                                                            
  
      Il 25 luglio 1943 cade il governo di Mussolini  dopo la mozione di sfiducia del gran consiglio del fascismo.

L’8 Settembre 1943  il Re e Badoglio firmano l’armistizio con gli alleati.  Appena firmato l’armistizio, il Re e Badoglio abbandonano Roma, lasciando il paese nelle mani dei tedeschi, divenuti d’un colpo da alleati a nemici, e dei fascisti rimasti fedeli a Mussolini.
La “fuga ingloriosa” del sovrano manda in frantumi l’esercito: la gerarchia militare si sfalda, i reparti vanno allo sbando, gli ufficiali e i soldati fuggono.   Ma l’8 Settembre non è solo il giorno dello sfacelo;  è anche il giorno “delle scelte”.  Nascono i primi, spontanei raggruppamenti partigiani che scelsero di lottare contro “l’ordine” fascista decaduto e quello nazista che andava nascendo.

     Nel vuoto di potere, nella dissoluzione delle istituzioni, nella diserzione di ogni autorità costituita alcuni “scelsero”. Scelsero in solitudine, per la prima volta senza il sostegno della tradizione, la rassicurazione della legge, l’avallo di un “superiore”.  Sono operai , dall’orgoglio di classe, sono giovani borghesi, sono giovani ufficiali dell’esercito, digiuni di politica,  ma non disposti  a subire  l’umiliazione dell’impotenza.  Sono giovani proletari delle borgate popolari,  sono vecchi quadri politici comunisti, o azionisti, usciti dalle galere, ritornati dal confino, talora reduci dalla Spagna forgiati nella lotta armata della guerra civile.     Qualcuno raccoglie le armi abbandonate nei campi. Altri si recano alle caserme, a cercare un’occasione di lotta. Ci si cerca , tra simili, tra chi non è disposto a subire. S’incomincia a salire, a cercare sulle montagne e sulle colline un territorio su cui resistere,  a organizzarsi  nelle case, nei vicoli, nei borghi delle città.

     Fu questo tratto esistenziale, questa scelta ribelle, il primo, più originario carattere della Resistenza: l’elemento che la qualifica “moralmente”  e che divide come un abisso i due campi in conflitto nella guerra civile.  L’ha affermato con grande efficacia Claudio Pavone nel suo liberatorio volume Una guerra civile: ..”La scelta, il primo significato di libertà che assume la scelta resistenziale –scrive – è implicito nel suo essere un atto di disobbedienza…. Per la prima volta nella storia dell’Italia unita  gli italiani vissero in forme varie un’esperienza di disobbedienza di massa”…
     L’appello alla lotta e alla resistenza lanciato dal Comitato di liberazione nazionale costituitosi il 9 Settembre a Roma rappresenta veramente l’altra Italia,
l’Italia del coraggio e della volontà di riscatto, ma la rappresenta – ecco la novità – nella misura in cui il vecchio antifascismo politico, rappresentato dalle  poche centinaia di militanti usciti dalla clandestinità che avevano testardamente resistito negli anni del “consenso popolare” al fascismo,  decide finalmente di appellarsi al nuovo antifascismo spontaneo e prepolitico dei giovani ribelli e all’antifascismo di classe. 
    L’autorità morale delle forze antifasciste antiche e nuove, che rompe con il passato assumendo in proprio,  prima e al di fuori  di qualsiasi delega giuridica,  la direzione politica e militare contro il nazifascismo.
L’antifascismo fu quello.    Le poche migliaia di oppositori negli anni duri del “consenso” al regime, e poi  quella minoranza di massa  “9-10mila uomini nell’autunno del 43”, non di più;  divenuti 20/30mila  in febbraio-marzo 1944,  poi 70/80mila nell’estate, e infine 120/130mila nell’imminenza della liberazione che con la propria volontà di scegliere seppe riscattare la maggioranza del popolo italiano.

     Se, come scrisse Pietro Gobetti, il fascismo è stato “l’autobiografia della nazione”, nel senso che ha costituito  la sintesi  di tutti  i  nostri  vizi pubblici,  del culto trasformistico dell’unanimismo, dell’assenza di un costume democratico, del gusto per la volgarità e la superficialità, dell’incapacità di mantenere le proprie posizioni e di scontrarsi sulla base di responsabilità,   quella “minoranza di massa,  patrioti  e ribelli”, ha mostrato la possibilità di scrivere un’altra storia. Di immaginare un mondo diverso, una identità nazionale diversa.  
Una sorta di miracolo sociale era stato compiuto!

E  in questo senso che si può definire quella antifascista come un’identità –limite;  potremmo dire l’”identità morale” del paese  contrapposta alla sua “identità reale”,  mai pienamente identificata con essa e per questo “salvifica” nei momenti critici.

     Sarebbe un errore catastrofico per la sinistra italiana, ma non solo per la sinistra, azzerare quella identità in nome di piccoli calcoli di bottega.  Sacrificarla a un nuovo consociativismo con una destra che ha il fascismo nel proprio Dna; che continua a interpretare la “peggiore identità reale” di questo paese.            Ma sarebbe un errore altrettanto grave neutralizzare i contenuti più autentici, quello spirito ribelle, la carica critica e conflittuale di quella identità, il suo carattere, appunto,  di “scelta” difficile, talvolta tragica, sempre, in qualche modo, “contro,  per appiattirla  e incorporarla  in una generica identità nazionale, per fare dell’antifascismo un patrimonio di tutti, come sembrano proporre i  più recenti contributi in tema di antifascismo e resistenza.   Significherebbe rinunciare al suo potenziale attivo,  alla sua capacità di intervento nella crisi.  Alla sua funzione immunitaria.  E anche al suo carattere di viatico indispensabile nell’ipotesi (si spera infondata) di un’altra lunga notte.

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