venerdì 26 febbraio 2016

2° congresso sezione ANPI Trullo-Magliana "Franco Bartolini

DOCUMENTO POLITICO CONGRESSUALE EMENDATO

In rosso grassetto e corsivo le parti emendate (integrazione e sostituzioni)


DOCUMENTO POLITICO PER IL 16° CONGRESSO NAZIONALE
Indice Sommario
PARTE PRIMA ........................................................................................................................ 2

Il quadro mondiale............................................................................................................ 2

Il quadro italiano............................................................................................................... 5

La politica ......................................................................................................................... 8

PARTE SECONDA ................................................................................................................ 9

RUOLO, COMPITI E IMPEGNI DELL’ANPI ............................................................. 9

Memoria, Pace, Superamento delle disuguaglianze sociali, Difesa intransigente della Costituzione, Attuazione della Costituzione, Libertà e uguaglianza, Antifascismo, Legalità, Difesa dei diritti, Libertà di informazione, Scuola, Giustizia, Ulteriori tematiche, Impegni, Iniziative.
PARTE TERZA...................................................................................................................... 21

E’ ATTREZZATA L’ANPI PER SVOLGERE QUESTI COMPITI? ED IN OGNI CASO, COME DEVE SVOLGERLI?............................................................................ 21
L'identità dell'ANPI - NON E' UN PARTITO
La coscienza critica, Le regole, I giovani, Operare da soli, o con chi?

PARTE QUARTA .................................................................................................................. 28

STRUTTURE ORGANIZZATIVE................................................................................ 28

Comitato nazionale, Consiglio nazionale, Coordinamenti regionali,
Strutture interne organizzative, Coordinamento nazionale donne dell'ANPI,
Comunicazione, Formazione.
Statuto e Regolamento, Giornate nazionali , Festa nazionale.
Strutture materiali e articolazione, Presidenza onoraria, Tessere ad
honorem.

CONCLUSIONE .................................................................................................................... 34



Per quanto molti mutamenti siano avvenuti – nel quinquennio – rispetto al Congresso del 24-27 marzo 2011, non solo sono state applicate, per quanto possibile, nel periodo, le conclusioni del documento approvato al termine del Congresso, ma esse conservano tutt’ora la loro validità. Per cui, il 16° Congresso non va inteso come un Congresso di “svolta” (se non per il ricambio generazionale che si imporrà) ma come un Congresso in continuità con quello precedente, con gli approfondimenti che derivano dall’esperienza svolta finora, nonché dalle mutate situazioni politiche, a livello mondiale e nazionale, ed infine dalle questioni che si sono proposte alla nostra attenzione e sulle quali sarà doveroso cercare di fare ulteriore chiarezza. Non si parte dall’anno zero, dunque, ma si approfondiscono e sviluppano ancora di più le preziose indicazioni e gli impegni della “nuova stagione”; rispetto alle quali ci si pone in posizione di continuità e di ulteriore sviluppo, con profonda volontà di cambiamento, ma su linee di fondo che restano essenziali per le finalità e l’identità della nostra Associazione.



PARTE PRIMA
Il quadro mondiale
Si dovrà procedere necessariamente, per sintesi, considerando il fatto che ciò che sta avvenendo nel mondo è, purtroppo, comunemente noto, ma soprattutto il fatto che le situazioni sono in fase dinamica, con continui cambiamenti e trasformazioni. Di certo, possiamo dire che c’è una situazione incandescente, come mai si era verificata negli anni del dopoguerra.  Il Pontefice parla della terza guerra mondiale in atto che si dipana in conflitti diffusi e trasversali, in tutti i continenti, raccontati con maggior dovizia di informazione in alcune zone, mentre sembrano destare minor interesse in altre parti, facendo balenare il sospetto che il circo mediatico mondiale non sia propriamente libero da condizionamenti. (Si pensi alla situazione dell’Ucraina nel cui governo hanno trovato posto forze di chiaro stampo nazi-fascista. Governo che ha permesso – tollerato stragi tra la popolazione, ha sospeso la democrazia ponendo nell'illegalità partiti e associazioni democratiche, ed all’incertezza che grava sulle Repubbliche baltiche).  E non basta: c’è l’esplosione dei peggiori fondamentalismi e l’entrata in campo, pericolosissima, dell’ISIS utilizzata in Siria da prima in funzione antigovernativa per destabilizzare il governo locale e poi “sfuggita di mano”, cosi come in passato fu utilizzato Bin Laden e la sua organizzazione in Afghanistan e in seguito in Libia e in Egitto e cosi via, oltre alla nota situazione della Palestina, di cui si parla meno, ma è lì, ancora grave come un macigno. Situazione in cui è ormai improcrastinabile una presa di posizione netta a difesa della popolazione e dei diritti umani troppo spesso calpestati. Tra l’altro i curdi, che sono gli unici che contrastano il terrorismo ISIS sul campo, vedono le loro organizzazioni messe fuori legge; in tal senso è necessario il riconoscimento del PKK (partito kurdo dei lavoratori) quale organizzazione legittima e riconosciuta dalle istituzioni italiane ed europee.
Sarebbe comunque riduttivo e fuorviante pensare che l’orrore sia una prerogativa assoluta dell’Isis, di fondamentalisti e jihadisti a fronte di altri regimi, considerati nostri alleati e partner,  quali  la Turchia di Erdogan, Israele, Arabia Saudita, l’Iran, l’Egitto con il caso Regeni, e la lista potrebbe continuare ancora per molto, che violano sistematicamente i diritti umani. Oltre tutto, c’è il pericolo che alcuni contrasti ed addirittura alcune guerre assumano contorni a sfondo religioso, per mascherare le vere ragioni (economiche) dei conflitti, con un evidente ed inevitabile aggravamento dei rischi già in atto e delle situazioni disastrose che già constatiamo. Il Governo Italiano deve farsi promotore perché cessi l’occupazione militare turca a Cipro, perché si condanni presso l’ONU l’intervento militare a favore dell’ISIS e si blocchi la vendita di armi a Turchia ed Arabia Saudita che sostengono DAESH. Tutto questo non è casuale, né frutto di situazioni (tra di sé) indipendenti. In qualche modo, tutto si lega: una profonda crisi economica mondiale, una crisi ricorrente di democrazia (basta pensare alla famosa riunione delle Società di Rating) da cui uscì l’idea della necessità di cambiare tutte le Costituzioni, proprio in relazione ad intrinseci e comuni difetti, la diffusa tendenza allo spostamento dei poteri sempre più verso l’esecutivo, il ritorno di varie forme di autoritarismo, lo sviluppo – in molti Paesi - di un liberismo sfrenato, ovunque la tendenza al predominio dell’economia sulle ragioni del diritto (e dei diritti). Tutto questo è frutto di gravi tensioni, tra Paesi diversi ed anche all’interno di molti Paesi; e gli effetti principali sono duplici: da un lato, le guerre in atto e quelle che sono sempre sul punto di esplodere, dall’altro, l’incremento, ovunque, delle disuguaglianze sociali, in un mondo in cui una piccolissima parte della popolazione si arricchisce a dismisura a discapito della stragrande maggioranza che inesorabilmente continua a impoverirsi sempre di più. Di fronte a tutto questo, il mondo sembra impotente, non riuscendo spesso neppure a cogliere la gravità estrema di certi fenomeni. E non si pensa seriamente alla soluzione, dei conflitti che anzi spesso vengono alimentati “ad arte” in funzione di interessi economici o strategico militari dei potentati mondiali. E' la politica che deve intervenire a livello mondiale, vedendo cosa fare di questa ONU impotente e quali nuove grandi intese si possono promuovere, per realizzare le condizioni atte ad ottenere la democratizzazione degli stati nazionali e la risoluzione delle controversie internazionali senza il ricorso alle armi. Ogni focolaio di guerra ogni conflitto è una sconfitta per l'intera umanità.
La via della pace e della lotta contro la violenza e i soprusi è ardua, ma è l’unica che possa produrre qualche risultato concreto. 
Ma ci sono altri dati, su cui occorrerebbe soffermarsi ampiamente, ma che converrà sintetizzare. Uno è la presenza, in Europa, di Paesi che stanno assumendo sempre di più connotati autoritari, se non addirittura totalitari (Ungheria e non solo; basti per tutte l’esempio delle recenti votazioni in Polonia, che hanno portato al potere una destra di tipo neofascista). Questo – di per sé – dovrebbe essere incompatibile con un’Europa che ha vissuto drammaticamente i disastri delle dittature e dei regimi autoritari. Ma è comunque grave, oggettivamente, e pericoloso, perché i processi imitatori sono sempre alle porte e, d'altronde, bisogna convincersi che in un mondo in cui ormai tutto è ravvicinato, la perdita di libertà di un Paese è, allo stesso tempo, una restrizione della libertà e della democrazia per tutti. E poi la storia non va mai dimenticata, con i suoi preziosi insegnamenti. “Né deve essere sottovalutato il fatto che la rinascita del neonazismo in diversi paesi dell’Est, ha motivazioni spesso peculiari, in aggiunta ad una antica tradizione di antisemitismo”.  
Il secondo dato è l’ideologia nazista, che sembrava sconfitta dalla storia e perfino dalla realtà, e torna a farsi strada in modo prepotente: ci sono nazisti nel Governo ungherese e in Paesi vicini, ce ne sono nel governo dell’Ucraina, sono presenti in modo abbastanza organizzato in tutta Europa (ne abbiamo un esempio nei frequenti raduni, apparentemente poco significativi, che avvengono in Italia e specialmente in Lombardia, in stretto collegamento con i movimenti neofascisti, di vario tipo, esistenti nel nostro Paese). C’è la sensibile percentuale di voti (impensabile nel passato) raccolti da “Alba Dorata”, nelle recenti votazioni in Grecia.
Infine, e non è certo l’ultimo dei fattori di preoccupazione, anzi, di angoscia, c’è il fenomeno dei “migranti”, che esiste da tempo, ma che, di recente, ha assunto forme, dimensioni e proporzioni epocali. Agli sbarchi ed ai cadaveri, di cui è pieno, ormai, il Mediterraneo, si è unita – più di recente – la forte pressione di quantità rilevanti di persone che provengono dalla Siria e da altri paesi del Medio Oriente, che creano uno spettacolo altrettanto devastante. Se ci commuove la foto del bimbo morto e gettato a riva dal mare, non possiamo che provare altrettanto dolore e angoscia nel vedere le interminabili code di persone che si affollano ai confini dell’Ungheria, dell’Austria, della Slovenia e della Croazia, capaci di fare centinaia di chilometri a piedi, per raggiungere una meta non sempre possibile; ed anche qui sono moltissimi i bambini necessariamente coinvolti. Si tratta di un fenomeno di proporzioni enormi, inarrestabile (da “governare”, semmai) e non risolvibile, certamente, con i muri e il filo spinato, che si stanno diffondendo in modo allarmante in vari Paesi d’Europa ma con il ripristino di una vera pace, di una giustizia reale, del rispetto dei diritti umani nei territori da cui scappano e non con la proclamazione del solito fantoccio di comodo dei potenti della Terra.
Occorre, invece, mettere da parte gli egoismi nazionali e personali e cercare – con saggezza e fermezza – di risolvere il problema, tutti insieme, cercando di colpire duramente  chi specula sulla vita e sulla paura delle persone, ma trovando anche il modo di sciogliere alcuni nodi di fondo (primi fra tutti la pace nel mondo, le grandi disuguaglianze, la fame, l’assoluta incuria per la salvaguardia dell’ambiente);  e occorre risolvere il grande problema dell’accoglienza, che non vuol dire solo ricevere, ospitare, rifocillare i “profughi”, ma – se tali sono – accettarli, consentire loro di inserirsi nel contesto economico e sociale dei Paesi che li ospitano, puntando a trasformarli, in futuro, in cittadini, a cui insegnare anche la lingua e le regole del Paese in cui si trovano. Solo in questo modo un problema biblico,  può assumere i caratteri, non solo della solidarietà, ma anche quelli di un inserimento (integrazione) positivo e valido nel tessuto produttivo e sociale degli “ospitanti”, come già in molti casi sta avvenendo.
L’accoglienza per chi fugge da conflitti, regimi repressivi, fame e povertà, è doverosa fin quando non verranno ripristinate regole democratiche, di giustizia e umanità in quei paesi. Ogni tentativo di selezionare questa massa di disperati, in base a ridicole quote o cavilli burocratici sul riconoscimento o meno di un conflitto, o ancor peggio facendo riferimento alla razza, alla religione, alla professione, condannerebbe a morte quasi certa chi non avesse tali requisiti, riesumando forme odiose di discriminazione. Purtroppo, questo è un terreno ancora difficilmente praticabile per un Europa così poco unita e in cui, dimentichi del passato, prosperano Paesi in cui regna soprattutto l’egoismo. Bisognerà moltiplicare gli sforzi perché l’Europa faccia il suo dovere, ed anche il nostro Paese sia alla testa di quelli che vogliono affrontare il problema con serietà e umanità.
Tra questa Europa che impiega mesi per arrivare ad una decisione che vincoli tutti gli Stati appartenenti (e non si sa se e in che misura la si applicherà davvero, soprattutto nei confronti dei Paesi che appartengono all’Unione europea) e quella sognata da Altiero Spinelli, c’è veramente un abisso. Bisogna compiere ogni sforzo perché l’Europa assuma il ruolo che veramente le compete, con reale unità e capacità di decisione e con un Parlamento che sia veramente tale e che conti. Bisogna, in definitiva, insistere perché l’Europa divenga davvero l’unione di popoli e Paesi, sulla base di solidi indirizzi di democrazia, solidarietà e giustizia sociale e riesca ad assumere un forte ruolo internazionale.
Il dato veramente positivo, in un quadro così impressionante e complesso, è il risveglio di qualcosa che sembrava sopito o addirittura oscurato: la solidarietà. Non solo in Italia, dove da tempo, il Mezzogiorno, la Marina e tanti altri fanno cose impossibili e incredibili per salvare almeno il salvabile, ma anche in Europa,  perfino in Ungheria, in Austria, in Slovenia, si è risvegliata una solidarietà popolare, istintiva ma solida, che ci aiuta a sperare nel futuro. E’ necessario che tutti i Governi siano sensibili a questa pressione popolare e trovino finalmente il modo di realizzare, su tutto ciò che occorre, interventi efficaci. Questo è tanto più importante se si pensa all’ondata di razzismo e xenofobia, spesso realizzata nel modo più becero e volgare, che sta percorrendo quasi tutti i Paesi dell’Europa, risvegliando antichi pregiudizi, radicati egoismi e perfino profonde spinte nazionaliste. Per concludere sul punto, va incoraggiata (e praticata) la solidarietà e va esercitata una reazione pronta ed efficace contro i rinascenti razzismi. In questo contesto, occorre porsi il problema di come l’ANPI possa contribuire al risveglio, rilancio e sviluppo di un vasto movimento popolare, impegnato sui temi della solidarietà, della pace dei diritti umani. 



Il quadro italiano
In questo caso, la situazione è ben diversa, almeno per alcuni aspetti, rispetto a quella cui si riferiva il documento del 2011. Non c’è, praticamente più Berlusconi e si è frantumata la destra. Ma i disvalori alla base di quella stagione sono penetrati profondamente nel tessuto sociale finora non  è stato fatto abbastanza per contrastarli e sostituirli con i valori della Costituzione. Poi c’è un’orda selvaggia - a destra - che avanza proponendo – appunto – i peggiori richiami al razzismo, alla xenofobia ed agli istinti “umani” (perfino comprensibili, in periodi di crisi, ma mai accettabili). E’ possibile che gli ultimi spezzoni della destra si concentrino, almeno ai fini elettorali, col nuovo volto della “Lega di Salvini”; non ne trarrebbero giovamento né il Paese, né la qualità della politica.
Sui governi, tecnici e non, che si sono susseguiti dal 2011 in poi non spetta a noi esprimere un giudizio politico e complessivo ma si può rilevare un mancato rispetto del risultato delle urne, che aveva espresso indirizzi diversi, in virtù dei programmi proposti in campagna elettorale, tendente sempre più a limitare la volontà popolare, grazie anche a ‘riforme’ che hanno cancellato l’elettività dei consigli provinciali e che si propongono di fare altrettanto con il Senato della Repubblica. L’ANPI deve però registrare criticamente un fenomeno allarmante che già cominciava a profilarsi negli anni precedenti, ma che ora tende a manifestarsi in modo sempre più tangibile.
Prima di tutto, bisogna dire che è in atto un piano che tende a cancellare i principi fondamentali della nostra Costituzione. Con l'introduzione del pareggio di bilancio si è data una ulteriore spallata ai principi contenuti nella nostra carta Costituzionale che ora non risulta più essere quella originale, è qui importante ricordare il famoso rapporto della società di rating J.P. Morgan “The Euro area adjustment: about halfway there” del 28 maggio 2013, in cui si dice “Le costituzioni e i sistemi politici dei paesi dell’area meridionale, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche che appaiono inadatte a favorire l’integrazione” e “Le Costituzioni mostrano una forte influenza socialista, evidenziando la forza politica che i partiti di sinistra hanno guadagnato dopo la caduta del fascismo”  ed ancora “I sistemi politici della periferia tipicamente hanno le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli, stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti del lavoro; costruzione del consenso che rafforza il clientelismo politico; e il diritto di protestare se vengono fatte delle modifiche non gradite dello status quo politico.” , da cui uscì l’idea della necessità di cambiare tutte le Costituzioni, proprio in relazione ad intrinseci e comuni difetti dovuti appunto come citato alla loro nascita a seguito della caduta del fascimo e nazismo in europa. Ma questo non è che l'epilogo di una lunga storia iniziata già pochi anni dopo la sua promulgazione e seguita negli 60 e 70 con la legge truffa e i tentativi di golpe  e seguita dal piduismo che porta ai piani di Licio Gelli con il “piano di rinascita nazionale” sequestrato e venuto alla luce nel 1982. C’è stato chi voleva addirittura cambiare le regole che disciplinano le sue modifiche (l’art. 138, che disciplina il modo per modificare la Carta). Superata quella fase, ne è venuta un’altra, in cui – col pretesto di modificare alcuni difetti del bicameralismo paritario “perfetto” (sul che, era possibile raggiungere subito un accordo generale, scegliendo tra i modelli, di bicameralismo “corretto”, presenti anche in Europa)  si è messo mano ad una riforma che ha tutta l’aria di togliere di mezzo (o comunque svuotare) uno strumento di garanzia, cioè addirittura un Senato degno di questo nome.
Nonostante ogni correzione, si è andati avanti su questa strada, che condurrebbe – in definitiva – con l’aggiunta di una legge elettorale aberrante, a concentrare tutti i poteri su una sola Camera, riducendo, se non eliminando, il prestigio e il connotato di “contro potere” che il Legislatore costituente aveva attribuito al Senato. Una soluzione fortemente contrastata dall’ANPI, non per conservatorismo (sono assolutamente possibili modifiche costituzionali, purché rispettino le linee fondanti e il “sistema” equilibrato di poteri, contro-poteri e garanzie, dettato dalla Costituzione), ma perché, così facendo, si ridurrebbero gli spazi di democrazia, si inciderebbe fortemente sulla rappresentanza dei cittadini, si svilirebbe il ruolo di quel Senato che, in molti Paesi, è addirittura la Camera più “alta”, quella più prestigiosa, dotata di maggiori competenze anche sul piano culturale e scientifico. La legge elettorale, poi, più volte rimaneggiata, sembra fatta ad usum delphini, cioè a vantaggio di un presunto vincitore che, con l’aiuto di un forte premio di maggioranza potrebbe diventare – senza neppure più l’ostacolo del Senato – il padrone del Paese o quantomeno del Parlamento.
Ed anche in questo caso, anziché restituire la parola ai cittadini, come ha invocato la stessa Corte costituzionale, gliela si toglie ancora una volta, prefiggendo una platea con troppi “nominati”, oltre ad un sistema che, in caso di ballottaggio, consentirebbe a chi prevalesse, di “ vincere “ con pochi voti.
Di fatto, questa riduzione degli spazi di democrazia si è realizzata anche in altri modi, imponendo una sorta di supremazia del Governo sul Parlamento (è il Governo che, spesso, detta l’agenda e i tempi del Parlamento), svuotando quest’ultimo del suo potere ­ dovere di discussione e riflessione, attraverso il sistema dei decreti legge, delle leggi ­ delega praticamente in bianco (contrariamente al disposto dell’art. 76 della Costituzione), e dei numerosissimi voti di fiducia, con i quali si toglie la possibilità stessa di discutere e formulare proposte ed emendamenti.
Non possiamo non essere preoccupati di questo modo di pensare e di agire, così lontano dal disegno costituzionale e spesso dalle regole fondamentali della democrazia. Le quali, fra l’altro, impegnano a favorire la partecipazione popolare, laddove anche su questo piano si riducono alcuni spazi, si mettono in discussione gli organismi intermedi, si ironizza sui sindacati (riconosciuti e disciplinati dalla Costituzione), evitando e svuotando ogni forma vera di confronto.
Per chi crede nei valori della Costituzione e della democrazia, si tratta di dati che non possono che preoccupare, invitando i cittadini a reagire nel modo che loro compete, cioè la partecipazione. Ma anche questa difetta, come dimostrano i dati elettorali, secondo i quali il complesso dei non votanti e degli astenuti, sommati, costituirebbe il partito più forte. E questo è grave e bisognerebbe che se ne convincessero i tanti delusi dalla politica, che, peraltro, reagiscono nel modo più sbagliato, anziché esercitare (art. 1 della Costituzione) la sovranità popolare. Non ci sfugge, peraltro, che anche il “non voto” finisca per costituire una scelta politica o comunque assumere un significato politico come non bisogna dimenticare che anche quando questa partecipazione popolare si manifesta, come nei casi dei referendum del 2011 sulla ripubblicizzazione dei servizi locali, tale volontà non viene ripresa ed applicata dai governi. Infatti, non solo non si è ancora avviata la ripubblicizzazione dell’acqua e degli altri servizi pubblici locali, ma sono addirittura state approvate leggi che vanno nel senso opposto dando vita a nuove privatizzazioni. E’ evidente come tutto questo spinga ancora di più i cittadini verso un rifiuto delle politica e le scelte astensionistiche.
Intanto, continuano ad essere predominanti le disuguaglianze sociali; ed è impressionante il dato secondo il quale il 28% degli italiani si starebbe sempre più avvicinando al livello della povertà, dimostrando così che dalla crisi non sono state colpite solo le classi più deboli, ma anche quelle che un tempo godevano di un minimo di sicurezza, sul piano economico e sociale. Infine, (ma non per minore importanza) c’è il fatto fondamentale che questa Repubblica non corrisponde al modello costituzionale, che non mette sullo stesso piano capitale e lavoro ma dà a quest’ultimo il rilievo di un valore “primario”. Un dato che non si può non rilevare, non solo in relazione ad una serie di provvedimenti, che vanno in direzione diversa rispetto al citato modello costituzionale, ma anche in rapporto a linee di tendenza pericolose, che ignorano l’importanza dei gruppi intermedi e sviliscono il ruolo stesso delle organizzazioni sindacali.
Tutto questo non può che essere un forte motivo di preoccupazione e, come si vedrà più avanti, di impegno per l’ANPI.



La politica
L’ANPI è, per definizione, contraria all’antipolitica, che così spesso viene alimentata nel nostro Paese, non solo da ciò che si legge sulla stampa,  ma anche dagli stessi comportamenti dei politici e dalla politica nel suo complesso. 
Basta leggere alcuni organi di stampa, anche i più “benevoli”, per rilevare che è  in atto, da tempo, una profonda degenerazione della politica, dei partiti, dei comportamenti politici.
Inutile fare esempi: si tratta di un fenomeno più volte denunciato dall’ANPI con documenti pubblici.  nei quali si è sempre avuto cura di distinguersi dai mestieranti dell’antipolitica. Ma è convincimento diffuso che senza un profondo rinnovamento (sarebbe meglio dire una “rigenerazione”) della politica, questo Paese non ha serie prospettive davanti a sé. Ai trasformismi, alla caduta dei valori anche in Parlamento e nei partiti, si sono aggiunti fenomeni ancora più deprecabili: le connessioni tra politica e delinquenza organizzata, di cui abbiamo avuto molti esempi, e soprattutto nel centro-sud, ma alla fine in tutto il Paese, che ora hanno raggiunto l’acme con quella vicenda che è stata definita in modo incisivo come “MafiaCapitale” preceduta dai casi dell’Expo di Milano e dei lavori alla Tav.
I partiti sono assolutamente necessari, ma devono rispondere ai connotati di cui all’art. 49 della Costituzione; essi rappresentano – se corrispondono a quella tipologia – una profonda garanzia democratica. Ma, ripetiamo, essi devono cambiare completamente, con un diverso concetto della democrazia, con assoluto rigore morale, con piena aderenza alla finalità loro imposta, che è quella di perseguire, col proprio, l’interesse comune.
E’ necessario, in questo Paese, porre con forza la “questione morale”,come una tra le più fondamentali e imprescindibili. Altrimenti, la corruzione, l’illegalità e il mancato rispetto anche di quelle regole che corrispondono al comune sentire, anche se non accompagnate dalla minaccia di una sanzione, finiranno per travolgere tutto, Istituzioni e società civile.
Accanto alla questione morale, si pone – con forza - la “questione meridionale”; proposta già fin da prima del fascismo da politici e studiosi, ma non ripresa in modo adeguato dopo la Liberazione del Paese. Di recente, dalla pubblicazione di alcuni dati è emersa una situazione particolarmente e drammaticamente significativa, risultando in alcuni casi, la condizione occupazionale addirittura peggiore rispetto a quella della Grecia.
Non si tratta, peraltro, di immaginare qualche sporadico intervento, ma occorre una rivoluzione etica che spazzi via il cronico clientelismo spesso connesso all’affarismo politico-mafioso, che stimoli le attività produttive, incrementi l’occupazione e provveda alla tutela dell’ambiente e dell’enorme patrimonio culturale e artistico, che tutto il mondo ci invidia, ma che non riusciamo a valorizzare, talora neppure a difendere; il tutto nel contesto di una nuova concezione morale della vita politica e sociale.
PARTE SECONDA
RUOLO, COMPITI E IMPEGNI DELL’ANPI
Nel quadro che si è cercato di delineare, il primo compito dell’ANPI, non può che restare ed essere  quello più tradizionale e consono alle sue stesse finalità:
LA MEMORIA
Bisogna riconoscere che questo ruolo l’Associazione lo ha svolto ininterrottamente, dalla Liberazione in poi, spesso quasi da sola. Il Paese sembrava desideroso di dimenticare; i revisionisti e i negazionisti si sono posti subito all’opera, svolgendo in modo massiccio il loro non  apprezzabile mestiere.
Ma l’ANPI era lì, a ricordare i caduti, a celebrare il 25 aprile, a portare corone, a favorire la costruzione di monumenti, a segnalare i sentieri della guerra partigiana, a rispettare i combattenti della libertà ed a recare loro omaggio.
Si può dire senza tema di smentita che, se qualcosa è rimasto e, in qualche modo si è radicato nella coscienza popolare, sull’antifascismo, sulla Resistenza, sulla Liberazione, il principale merito va riconosciuto all’ANPI; altrimenti, sarebbe caduto l’oblio o sarebbe stato tutto ridotto a qualche formale celebrazione. In questo lavoro, può darsi anche che l’ANPI abbia commesso errori o abbia avuto difetti; la necessità di reagire a chi negava può aver condotto ad assolutismi e mitizzazioni inutili. Ma di tutto questo l’ANPI più recente si è liberata, spingendo sempre di più nella direzione della memoria attiva, come un valore fondamentale.
Doveroso il ricordo degli eventi e dei caduti; ma necessaria anche la riflessione pacata e serena sul passato, l’informazione, la diffusione della conoscenza, senza cadere nelle trappole del revisionismo storico che vorrebbe riscrivere i fatti per un uso di pretesa “pacificazione” o di diffamazione come quelle usate da alcuni "storici" di parte contro i partigiani jugoslavi e il IX corpus dell’esercito di liberazione jugoslavo. E questo ha, in qualche modo, funzionato e,  deve funzionare ancora di più e meglio, soprattutto quando verranno a mancare le testimonianze dirette.
Gradatamente si è capito che la memoria (che notoriamente ha molti nemici) ha bisogno di essere considerata come un valore in sé e di essere coltivata come una pianta, bella ma fragile.
Oggi, le corone si portano ancora, ed è giusto; si ricordano i combattenti e  i caduti ed anche questo è giusto, e bisogna continuare senza cedimenti; ma si impone qualcosa di ancora più forte sul terreno della conoscenza e della riflessione.
Da ciò l’impegno per dimostrare che la Resistenza non è stata solo quella armata ma anche quella non armata; che non è stata fatta solo dagli uomini, ma anche dalle donne, con non minore impegno; che non esiste solo una “Resistenza del nord” perché si tratta di un fenomeno nazionale, cui ha partecipato attivamente il Mezzogiorno; che la guerra ai civili non l’hanno fatta solo i tedeschi ma anche i fascisti; che ci sono state stragi orrende da parte soprattutto di certi reparti tedeschi ma con la partecipazione e la connivenza anche dei membri della RSI.
Da ciò, il nostro impegno anche sulle stragi del ’43-’45 (abbiamo convinto la Germania a finanziare l’“Atlante delle Stragi”) e il nostro lavoro per rimuovere gli effetti nefasti dell’”Armadio della vergogna”, In questo quadro per poter tentare di incidere nella memoria collettiva e nel senso comune del Paese, riteniamo che sarebbe importante ed utile istituire una giornata nazionale di ricordo e riflessione sulle stragi nazifasciste da tenere ogni anno, in modo da diffondere la conoscenza e la riflessione su quanto avvenuto sia nell’opinione pubblica che tra le giovani generazione. Da ciò la nostra riflessione sui “Confini Orientali”, sull’Esodo, anche sulle foibe anche contrastando l’offensiva del revisionismo storico, a partire dall’analisi dei delitti e dei guasti compiuti per decenni, dal fascismo, in danno di quelle popolazioni. Da ciò il nostro impegno per ottenere e rendere più efficace l’insegnamento della storia della seconda guerra mondiale nella nostra scuola (va ricordato il protocollo d’intesa sottoscritto il 24 luglio 2014 col MIUR). 
Tutto questo è stato fatto, si fa, e si dovrà fare sempre . Siamo nati, come Associazione, anche per questo, per tenere viva la memoria, per far capire da dove è nata la nostra libertà, la nostra Costituzione.
Questo impegno resta primario, anche se vi saranno crescenti difficoltà; ma sta all’ANPI educare al culto della memoria attiva anche le nuove generazioni i futuri dirigenti, convincendoli che un’Associazione che non curi le sue stesse radici non avrebbe senso e perderebbe ogni sua autorevolezza.
Naturalmente, condizione principale, per sopravvivere e andare avanti è che la memoria  - pur attiva - non resti l’unico nostro impegno. Sarebbe un grave errore se non lo considerassimo il primo di una lunga serie, che ora è il caso di scorrere. 

GUERRA E PACE
Non può più trattarsi di un obiettivo generico. Per la pace bisogna operare in ogni sede e in ogni momento, stimolando l’attenzione e l’impegno dei cittadini ai quali bisogna rendere evidente il rapporto indissolubile tra pace-democrazia-libertà-uguaglianza. Senza la pace, tutto viene messo a rischio. Bisogna far conoscere gli orrori del fascismo e della Seconda guerra mondiale e far considerare ogni guerra come un disastro, in sé, e dunque togliere di mezzo ogni fattore di rischio.

La crisi economica mondiale ha non solo inasprito tutte le tensioni esistenti, ma viene dimostrando  che il modo di produzione dominante si alimenta della guerra per riprodursi e sopravvivere. La guerra non è la risposta al terrorismo, che invece alimenta, ma viene generata da sporchi interessi per sporchi affari, dallo scontro sulle fonti energetiche, dai conflitti di potenza, dalla vendita delle armi. Non bastano allora gli appelli ideali o retorici quando la guerra già dilania interi continenti divampando nel cuore dell'Europa ed alle sue porte, quando la corsa agli armamenti ha ripreso tutta la sua forza assorbendo enormi risorse che vengono sottratte allo stato sociale.
Gli effetti di 25 anni di politica di guerre della Nato e dell'Italia in Irak, Libia, Jugoslavia, Iran, Afghanistan sono sotto gli occhi di tutti. Devastazione di intere regioni, fame e miseria, esodi biblici verso l'occidente (ma non solo: la Giordania ad es. è piena di profughi) e la mortifera piaga del terrorismo, fomentato dalla disperazione quando non direttamente finanziato dagli stessi strateghi senza scrupoli della tensione internazionale. In Italia da tempo i governi violano l’articolo 11 della Costituzione e il nostro paese è sempre più coinvolto nella guerra, con la vendita di armi e l’invio di militari. E' pertanto necessario un impegno di concreta mobilitazione contro la guerra cui l'Anpi non vuole sottrarsi, insistendo a gran voce, in continuità con il congresso di Torino per un cambio di direzione politica che si ponga nel pieno rispetto della Costituzione, per il ritiro immediato delle forze armate del nostro paese dai teatri di guerra, a cominciare dall'Afghanistan per ridiscutere tutte le operazioni in corso. Così come ci poniamo contro l'assurda spesa prevista per l'acquisto dei caccia bombardieri F35, per il taglio delle spese militari e la fine dello sporco commercio delle armi, per la chiusura delle basi straniere sul nostro territorio. E' altresì necessario agire per una giusta soluzione del conflitto mediorientale, a cominciare dall'operare per il riconoscimento dello Stato di Palestina.

IL SUPERAMENTO DELLE DISEGUAGLIANZE SOCIALI,
 così come di ogni forma di discriminazione. Si tratta di pretendere l’applicazione rigorosa dell’art. 3 della Costituzione, in tutti i suoi aspetti, compresi quelli meno esplicitati: libertà ed uguaglianza anche come presupposto di dignità della persona. Bisogna rendere chiaro a tutti che le disuguaglianze sono all’origine di ogni conflitto.

L’INTRANSIGENTE DIFESA DELLA COSTITUZIONE E DEI SUOI VALORI.
Questo non significa conservatorismo e rifiuto di ogni modifica, ma contrarietà ad ogni tentativo di stravolgere le linee portanti, i valori, i principi della Costituzione, che è il fondamento della nostra stessa convivenza civile. Si tratta di impegnarsi a fondo contro riforme che incidano non solo sul tessuto costituzionale, ma sulla struttura dello Stato e sui diritti dei cittadini. Il sistema costituzionale è costruito sulla base di poteri e contropoteri e di organi di garanzia. Se si elimina (o si riduce ad un ibrido impotente) una delle due Camere, si incide sul sistema, proprio perché si riduce un contropotere e si incide sulla rappresentanza, dunque sulle modalità stesse di esercizio della sovranità popolare. Per le stesse ragioni, anche se non si tratta di materia inserita nella Costituzione, benché ad essa strutturalmente collegata e pertinente, non si può che essere contrari a qualsiasi legge elettorale che non dia la parola effettiva ai cittadini e che ne alteri in modo consistente la volontà, con notevoli premi di maggioranza. Anche in questo caso, si tratta di spazi di democrazia che vengono meno. E dunque non si può cedere su nessuno di questi fronti, pur indicando per chiarezza quali sono, a giudizio dell’ANPI, le alternative alle proposte che vengono avanzate o alle leggi approvate in modo singolare dal Parlamento, specificando sempre la rispondenza assoluta di tali alternative alla volontà del Legislatore costituente.
Bisogna dire con chiarezza che l’ANPI non è contraria a modifiche della Costituzione, ove l’esperienza le renda necessarie, ma i principi fondamentali della stessa non possono essere messa in discussione, si è sempre detto che il sistema del bicameralismo perfetto doveva essere corretto; ma una cosa è correggere ( e l’esperienza di altri Paesi insegna), altro è stravolgere il sistema, per di più, con tempi e modi che non corrispondono al livello di importanza costituzionale di simili provvedimenti. Voti di fiducia, superamento del lavoro delle Commissioni per andare subito in Aula, con predisposizione rigorosa dei tempi degli interventi ed altre operazioni simili non si addicono alle riforme costituzionali e nemmeno alle norme che hanno un valore costituzionale, che richiedono invece riflessione, ponderazione ed estremo rispetto per la Carta costituzionale.
Un terreno, questo, sul quale l’ANPI si è mossa e si sta muovendo con fermezza e con sostanziale unità di intenti. Un terreno sul quale non si può cedere o accettare compromessi, perché in gioco, appunto, la rappresentanza dei cittadini e dunque la democrazia.
L’intransigenza non è un male, anzi è doverosa e va realizzata con tutti i mezzi democratici a disposizione  quando si verte su questioni di primaria importanza. Oggi come ANPI abbiamo l'esigenza di essere in prima linea nella richiesta del ripristino della Costituzione del 48 nei suoi valori e nei suoi principi. Carta mai applicata e spesso considerata “troppo democratica” e per questo rimaneggiata già in diverse circostanze, come nel 2012 con la modifica dell’articolo 81 imponendo di fatto il pareggio di bilancio definito da molti costituzionalisti un “corpo estraneo” alla nostra Costituzione. L’esistenza di vincoli economici imposti con tale modifica e dai Trattati dell’Unione Europea risultano pertanto incompatibili con i diritti contenuti nella Carta stessa, si pensi solamente all’articolo 3 che pone la necessità di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza.
Dobbiamo quindi essere a fianco e promotori noi stessi di comitati in difesa della Costituzione e nel prossimo futuro alla testa dei movimenti per il no alle riforme avviate in maniera sciagurata in ossequio dei mercati e in nome di un' Europa delle banche.
“Nessuna Costituzione è mai servita a dare la libertà se a difesa di questa non vi sono state la coscienza dei cittadini, la loro forza e la loro capacità di schiacciare ogni tentativo reazionario. La Costituzione è una garanzia sì, ma essa non ci garantisce contro i pericoli che oggi minacciano la democrazia italiana. La vera garanzia sta nella forza e nello sviluppo del movimento democratico di masse popolari” . Parole scritte nel lontano 1948 da Palmiro Togliatti e più che mai attuali oggi, nella profonda crisi economica, sociale e valoriale che le giovani generazioni devono affrontare e cercare di risolvere.

L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE
Forte deve essere l’impegno nel pretendere che, finalmente i princìpi vengano attuati  ed i diritti resi effettivi ed esercitabili. Non si tratta, in questo caso, di ingaggiare singole battaglie, che spesso sono di competenza dei partiti, dei sindacati e di altre forme associative.
L’ANPI deve essere ferma sul principio che le indicazioni che la Costituzione dà in ripetute occasioni, ai futuri governi,  sono, in realtà “ordini” e come tali vanno eseguiti, certamente in conformità con i tempi e con i problemi economici, ma mai trattati come se fossero mere astrazioni, e deve pretendere (diciamo “pretendere” con forza e consapevolezza) che il lavoro venga rimesso al centro della politica e della stessa realtà sociale del Paese.
L’ANPI può partecipare direttamente a tutte le lotte democratiche, su temi singoli e ha il dovere di tenere fermi i princìpi e di appoggiare, dunque,  tutte le battaglie che su questo piano vengono ingaggiate con metodi democratici. 
LAVORO
Marzo 1943, gli scioperi operai paralizzano le fabbriche del nord, è il primo momento di resistenza di massa al regime fascista, l'atto di origine del movimento che porta all'insurrezione del 25 aprile 45. A partire da questa considerazione, in cui affondano le radici stesse della nostra associazione, appare evidente come un ruolo prioritario ha assunto e devono assumere per noi i lavoratori. La classe lavoratrice che ha contribuito in maniera consistente alla Resistenza deve continuare oggi ad essere il principale soggetto di riferimento. Quindi la necessità di un maggior radicamento nei luoghi di lavoro ed il contrasto netto a tutte le leggi che, violando i principi e valori costituzionali, distruggono i diritti dei lavoratori, assumono un ruolo strategico per l'Anpi.
Si ricordi che numerosi articoli della Costituzione Italiana (1,3,4,35-47) difendono, garantisco e tutelano il diritto al lavoro e gli stessi lavoratori, ponendo sia limiti all'iniziativa economica privata che non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale (41), sia riconoscendo per fini di utilità generale l'espropriazione di determinate imprese che si occupano di servizi pubblici essenziali o di fonti di energia affidandone la gestione allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti (43). Un’indicazione che potrebbe essere utilizzata anche per le numerose aziende che chiudono o delocalizzano portando via macchinari e licenziando i lavoratori ma anche rendendo evidente la necessità che i servizi di utilità sociale siano svolti direttamente dal pubblico anziché affidati a ditte esterne con tutto quello che ciò rappresenta in termini di sfruttamento dei lavoratori, corruzione ed aumento dei costi.
Tutto questo mentre le attuali controriforme sul lavoro (c.d. Jobs Act) rappresentano la tomba dei diritti cancellando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, garantendo alle imprese la libertà di licenziamento, trasformando i nuovi assunti in “precari a tempo indeterminato”, mettendo in discussione tutti i diritti fondamentali del rapporto di lavoro garantiti dallo Statuto dei Lavoratori come il controllo a distanza e il demansionamento, la copertura della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria e della mobilità. Una legge che non può essere accettata e su cui l'ANPI tutta deve impegnarsi per ottenerne la cancellazione.

LIBERTÀ E UGUAGLIANZA
Sono due temi posti con forza dall’art. 3 della Costituzione, riassumendo così anche il principio di non discriminazione.
La battaglia da condurre su questo terreno, riguarda: 1) l’impegno contro ogni forma di razzismo, di xenofobia; un terreno sul quale ci si deve battere sia respingendo gli attacchi vergognosi che vengono da alcune aree della destra, sia compiendo atti positivi di solidarietà e di sostegno ai migranti e rifugiati. In questo campo, c’è bisogno di un attivismo maggiore di quanto sia stato impegnato fin ora, sia per reagire, sia per operare. Bisogna impedire che trionfino, appunto, i razzismi di ogni genere, così come gli attacchi ad ogni forma di “diversità”, e bisogna ostacolare, con raziocinio e fermezza, la rinascita degli egoismi e le reazioni talora istintive di chi, a sua volta, soffre, ma teme di perdere qualcosa del poco che ha. Su questo, bisogna parlare con le persone, appoggiare il volontariato, insomma rendersi parte attiva in una battaglia ormai epocale denunciando a gran voce lo sfruttamento dei migranti, costretti a fuggire dalle guerre e dalla dittatura economica delle multinazionali, come forza lavoro in nero o sottopagata sia da parte della criminalità organizzata che da parte della classe padronale che può così disporre di una manodopera ricattabile per ridurre e cancellare i diritti di tutti i lavoratori. Va contrastata inoltre l’ignobile speculazione perpetrata dal corrotto sistema dell’accoglienza del nostro paese.
2) L’impegno per la reale “uguaglianza” (usiamo il termine costituzionale) per le donne. Ci sono stati notevolissimi progressi, su questo terreno; l’insegnamento delle donne resistenti, alla lunga, ha inciso sul processo di emancipazione; ma non esistono ancora condizioni di piena parità, né nel lavoro, né nelle funzioni pubbliche; il doppio lavoro continua ad essere la regola, almeno per tutte coloro che hanno un reddito medio; lo sviluppo di carriera è ancora ostacolato dalla mancanza di servizi sociali adeguati. Infine, non è maturata ancora una piena coscienza del ruolo fondamentale della donna nella nostra società, della sua libertà e delle sua autonomia, se per un rifiuto si può ancora uccidere e se nella vita familiare troppo spesso prevale il dominio – se non addirittura la prepotenza - del maschio.  Anche questa è una battaglia “nostra”,  che l’ANPI deve combattere in toto e non pensando di riservarla alle donne. Bisogna ricordare sempre che il loro avanzamento, le loro preoccupazioni, la loro piena dignità sono fattori fondamentali per il progresso dell’intera società.

ANTIFASCISMO
Un Paese che ha subito più di vent’anni di dittatura, con tutto quel che segue, dovrebbe essere profondamente antifascista. E tale è l’indirizzo complessivo anche della nostra Carta Costituzionale. Non è così. C’è, dunque, ancora molto da fare per ottenere che tutti sappiano che cosa è stato il fascismo, che cosa è stata la Resistenza e perché non è possibile vedere ancora in azione movimenti che si ispirano al fascismo (sia pure, per alcuni, a quello del “terzo millennio”). La verità è che a differenza di altri Paesi, l’Italia non ha ancora fatto fino in fondo i conti col fascismo. Accanto all’impegno per rinnovare profondamente lo Stato, è essenziale una forte iniziativa per incidere sulla scuola e sulla formazione dei giovani, per rendere i contenuti educativi coerenti con i valori dell’antifascismo e della Costituzione.  A questo impegno bisogna aggiungere quello perché lo Stato – questo Stato -diventi realmente democratico e antifascista; un’azione che va condotta con insistenza,  fermezza, con gli organi dello Stato, centrali e periferici, con i Sindaci, con i Presidenti di Regione, con tutto l’apparato pubblico.
Occorre inoltre reagire con ogni iniziativa pubblica di tipo fascista ed anche a quel mare di sconcezze che si possono ancora leggere, al riguardo, su certi siti web.
Sul come reagire c’è sempre stato dibattito, nell’ANPI; e lo si capisce perfettamente, trattandosi di un problema di non facile soluzione.
Escludendo ogni reazione di tipo violento o che possa condurre a scontri, non bisogna però far passare sotto silenzio nessuna manifestazione, pretendendo l’intervento delle Autorità competenti e in ogni caso organizzando – se del caso - presìdi e assumendo sempre posizioni di estrema nettezza. Tutto questo, però, ha un valore e può avere efficacia se ci si muove su diversi terreni contemporaneamente: le reazioni di denuncia immediata, il presidio, l’intervento presso le Autorità devono essere accompagnate, da un lato, dalla pretesa che sia lo Stato a mostrare il suo volto antifascista e rispettare lo spirito della Costituzione, dall’altro che siano coinvolti – per quanto possibile – i cittadini (tra i quali c’è ancora molta indifferenza, da vincere spiegando, chiarendo, informando e non semplicemente turbando le loro attività normali) ed infine con la creazione di un vasto movimento culturale che si basi sulla spiegazione (soprattutto ai giovani) di che cosa è stato il fascismo, quali sono i pericoli della rinascita di movimenti fascisti; cosa bisogna fare per salvaguardare la democrazia da ogni attacco, diretto o indiretto.
Un’azione enorme, dunque, che deve coinvolgere la scuola, l’associazionismo, la società civile, oltre che gli organi dello Stato. Chi mette in sott’ordine questa battaglia culturale o la considera inutile, non capisce la sostanza del problema e non tiene conto degli insegnamenti della storia ( la nascita del fascismo e del nazismo).  Di tutto questo movimento, complesso e non sempre facile, l’ANPI deve essere alla testa, come erede dei combattenti per la libertà e come tutrice dei valori costituzionali; abbiamo l’autorevolezza per farlo, ma anche il dovere di essere i primi, sempre, senza iattanza, cercando l’accordo con tutti gli antifascisti, ma restando noi stessi. Ci sono località, in Italia, in cui esistono da anni comitati antifascisti (nati nel periodo del terrorismo) che raccolgono Associazioni e Partiti e di cui magna pars è sempre l’ANPI. Essi svolgono la loro attività soprattutto in momenti particolari ( il 25 aprile, situazioni di vera “emergenza” neofascista). Ma il ruolo fondamentale per il lavoro complesso sopradescritto è dell’ANPI, che è già di per sé, e può esserlo ancora di più, risultando il punto di riferimento di tutti gli antifascisti disposti ad affrontare i problemi su tutti i piani e non solo su quello contingente della reazione ad una specifica iniziativa. Non occorrono, in linea di principio, comitati nuovi, è l’ANPI che deve avere la capacità di affrontare tutta la complessa problematica, cercando di non farlo da sola, creando rapporti costruttivi con tutte le Associazioni democratiche e il vasto movimento antifascista composto in particolar modo da comitati e collettivi di giovani. Va valutata la questione della forza antifascista che non vuol dire reazione violenta ma capacità di tenere testa allo squadrismo, capacità organizzativa dei presidi e loro sicurezza, conquistarsi l'affidabilità perchè si è in grado di gestire il contrasto alle iniziative fasciste. Nel rapporto con le autorità, affinché intervengano per impedire apologie di fascismo, l'ANPI che si presenti con determinazione e forza organizzata ha più autorevolezza nel pretendere che sia lo Stato a mostrare il suo volto antifascista. Anche i comuni cittadini sarebbero più coinvolgibili dall'ANPI risoluta e predisposta a svolgere complessivamente il suo compito antifascista.
Non è possibile concludere sul punto senza sottolineare l’assoluta necessità di rafforzare l’antifascismo a livello europeo. I neofascisti si organizzano in Europa e fuori, l’antifascismo stenta a fare altrettanto e di più. C’è la FIR che stiamo cercando di vitalizzare e stimolare, con qualche (ancora parziale) successo, c’è il forum dei Paesi dell’Adriatico, ci sono i costanti rapporti, in Friuli, con le Associazioni partigiane della Slovenia e la Associazioni dei combattenti per la libertà dei Paesi dell’Est. Ma tutto questo va coordinato meglio e intensificato, anche per poter pretendere dalle istituzioni europee interventi ed orientamenti più netti e chiari su questa delicata ed importantissima materia.

LEGALITÀ
L’ANPI non può che essere per il rispetto della legge, anche se - quando la trova ingiusta – è legittimata a condurre battaglie per farla cambiare. Il principio di fondo è nell’art. 54 della Costituzione, che impone a tutti il rispetto della legge. Questo significa, prima di tutto, impegno contro la criminalità organizzata, che nelle forme delle varie mafie sta invadendo tutta l’Italia; un impegno effettivo e convinto assai più che nel passato, anche contro il pericolo sempre esistente della connivenza tra le mafie e i poteri pubblici. Occorre stringere legami più profondi con le Associazioni che già si battono su questo terreno con notevole capacità di mobilitazione. ma programmare anche una politica autonoma di impegno contro le mafie e per la legalità. 
Bisogna poi pretendere il rispetto della legge, contro ogni forma di corruzione, di frode, di inganno che incida sul bene pubblico. La frode fiscale, per esempio, non è un reato qualsiasi, è un grave danno per lo Stato e per ogni cittadino, per ragioni assolutamente evidenti.
Ma il nostro concetto di legalità è più vasto rispetto al solo rispetto della legge; un buon cittadino deve badare anche alle regole non scritte e non accompagnate da sanzioni, che sono imposte dal comune sentire.
Diffondere questa idea di legalità e praticarla è fondamentale, per un’Associazione che si richiama ai valori della Resistenza (direbbe Pavone, alla “ moralità “ della Resistenza). Questo richiama l’impegno per attribuire maggior valenza, in tutti i nostri atti ed azioni, alla regola morale, alla eticità nella politica e nella società civile. Anche questo, non va solo “insegnato”, ma va praticato, con costanza, dando – ove occorra – l’esempio di che cosa significa la cittadinanza attiva, a cui attribuiamo anche un forte contenuto etico.
LA DIFESA DEI DIRITTI
E’ compito dell’ANPI difendere tutti i diritti sanciti dalla Costituzione e pretenderne l’effettività, cioè la concreta possibilità di esercizio. Ma bisogna anche occuparsi dei cosiddetti “diritti umani”, quelli cioè che appartengono direttamente alla persona e sono proclamati in documenti importanti come la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” promossa dall’ONU nel 1948.
Su questo piano, la nostra azione è stata, fin qui, più contenuta, quasi che la materia dei diritti umani ci fosse estranea. Non è così. Bisogna essere più sensibili e più attivi su tante questioni che stanno assumendo, in un’epoca così difficile e complicata, un rilievo sempre maggiore.
Ad esempio dobbiamo pronunciarci per tutti coloro che, fin qui, sono stati considerati “diversi”; bisogna essere favorevoli e battersi per il riconoscimento della cittadinanza a chi, con i genitori, è in Italia da tempi rilevanti; dobbiamo essere con chi chiede l'abolizione del reato di clandestinità; per  l’introduzione del reato di tortura, ci ritroviamo infatti da tempo ad assistere ad una recrudescenza della violenza della polizia e dei carabinieri e ricordando sempre che l’Italia è sotto accusa da parte della commissione europea per la prevenzione della tortura; dobbiamo essere favorevoli alle unioni civili; pronunciarci su alcune questioni di fondo (ambiente, bioetica, ecc.). Occorre che l'ANPI continui e rafforzi la battaglia per il pieno riconoscimento del diritto all'abitare considerando che negli ultimi anni, l'acuirsi della crisi, ha aumentato sfratti per morosità incolpevole e pignoramenti. Troppo spesso le famiglie sono costrette a scegliere se mangiare o pagare la rata dell'affitto o del mutuo. A questo si aggiunge la speculazione, con l'aumento ingiustificato dei prezzi d'affitto, la mancata rinegoziazione dei mutui e il mantenimento di spazi inabitati, sia pubblici che privati, in stato di abbandono. L'ANPI pertanto deve impegnarsi, così come riconosciuto dagli articoli 2 della Costituzione Italiana e dell'articolo 25 della "Dichiarazione dei diritti dell'uomo", in tutte le sue strutture ed insieme ai molti movimenti che si battono per tale scopo, affinché il diritto all'abitare non sia solo un'enunciazione astratta ma sia garantito a tutti i cittadini.
In particolare, crediamo che l’attenzione alla questione ambientale costituisca elemento moderatore nei confronti del fenomeno migratorio, nonché fondamento essenziale per una coscienza civica rispettosa della storia e del benessere del nostro Paese. Per questo bisognerà attrezzarsi anche culturalmente per impegnarci contro il nucleare, le devastazioni dei territori e le speculazioni edilizie, le trivellazioni per le ricerche petrolifere, le discariche e gli inceneritori, e per la ripubblicizzazione dell’acqua. Ed emergono, su questi temi, valori che, a ben guardare, sono considerati anche nella nostra Costituzione, che non a caso, presenta una prima parte molto vicina a quella della “Dichiarazione universale” di cui si è detto (non dimenticando che la nostra Costituzione è stata pubblicata quasi dodici mesi prima dell’importante pronunciamento dell’ONU).

LA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE
L’ANPI deve ritenersi impegnata a difenderla ad ogni costo, come elemento essenziale della democrazia. Il problema non riguarda tanto l’attuale sistema dell’informazione e della comunicazione, su cui ci sarebbe da dire non poco, quanto e soprattutto il principio: serve un’informazione corretta e completa; il cittadino non è veramente libero e non è in grado di esercitare consapevolmente i suoi diritti. Perciò, dobbiamo sostenere ogni voce che sia libera e indipendente, e difenderne l’integrità e l’indipendenza, anche materialmente.
Per parte nostra, dobbiamo dare un contributo essenziale per arricchire l’informazione, esponendoci con chiarezza e franchezza su tutte le questioni che riguardano le nostre competenze; ed organizzandoci perché la nostra voce – sicuramente libera ed autonoma – riesca a farsi sentire. Dobbiamo inoltre essere comunque sempre con chi legge, studia, critica i libri mai con chi li brucia.

LA SCUOLA
E’ la matrice della formazione dei giovani, dei futuri cittadini, della futura classe dirigente.
L’ANPI è necessariamente critica contro progetti e leggi che puntino su una scuola elitaria, e finiscano per favorire, direttamente o meno,  la scuola privata (che pure ha diritto di esistere, ma non a spese dello Stato), anziché cercare di fare di ogni alunno un futuro cittadino “attivo”.
Con l’intesa sottoscritta nel luglio 2014 con il MIUR, abbiamo fatto un passo avanti notevole per uscire dalla saltuarietà dei rapporti con la scuola e per cercare di ottenere che l’insegnamento della storia comprenda anche questo dopo guerra, che la Costituzione venga analiticamente fatta conoscere ed apprezzare (amare), perché vengano esaltati i valori della democrazia. Bisogno proporre alle scuole percorsi sullo studio e la conoscenza della Costituzione, anche a partire dalla classe V della scuola primaria, facendo riferimento alle competenze chiave europee affinché la conoscenza dei diritti e dei doveri sia uno strumento per un futuro cittadini consapevole e in grado di leggere in senso critico la realtà. Consapevoli come siamo, che gli incontri periodici hanno spesso un’utilità limitata, abbiamo cercato e dobbiamo cercare di rendere continuativi, in centro e in periferia i rapporti con la scuola, attuando pienamente quel protocollo.
La consegna in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, di una copia della Costituzione, con una introduzione sui valori della Carta costituzionale, ha un alto valore simbolico, che deve però essere concretizzato in azioni e rapporti continuativi. Siamo per una scuola che funzioni, che non discrimini, che insegni a vivere, ad essere cittadini, dunque a partecipare. Non andiamo nelle scuole solo per parlare di Resistenza. ma per parlare di Costituzione e di rispetto dei valori. E’ un impegno grandissimo, che riguarda davvero il futuro del Paese.

GIUSTIZIA
Un paese libero e democratico ha bisogno di una giustizia efficiente e giusta. Ha bisogno di una Magistratura che lavori serenamente ed abbia consapevolezza dell’importanza del suo ruolo; ha bisogno di governi che non compiano atti capaci di minare le basi della fiducia che deve essere riposta nella giustizia, che rispetti l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, ma la doti degli strumenti necessari per esercitare correttamente e tempestivamente le sue funzioni. E, naturalmente, c’è bisogno anche di reprimere gli abusi, quando ci sono, ma nei modi previsti dalla Costituzione e dalle leggi, rinforzando e non indebolendo gli organismi dell’autogoverno.
Da anni, si sta procedendo in una direzione opposta. Le funzioni di garanzia vengono spesso attaccate e additate al pubblico ludibrio, quando le loro decisioni non corrispondono ai desideri dei potenti e dei governi. Questo è negativo e nuoce all’intera convivenza civile.
L’ANPI deve impegnarsi perché il Paese abbia una giustizia efficiente e rapida, uguale per tutti, dotata degli strumenti e mezzi necessari per evitare le attuali, insopportabili lungaggini; deve dimostrare ed esigere il rispetto per la funzione, non esitando – quando occorra – a criticare gli eccessi dei governi nel “trattare” con la Magistratura, così come gli eccessi di quei Magistrati che non adempiono correttamente al loro dovere.
Gli organi di garanzia (Magistratura, Corte costituzionale, Presidente della Repubblica) devono avere e meritare il rispetto dei cittadini; e va combattuta la tendenza a trascinarli nell’agone politico oppure a procedere ad interventi idonei solo a creare una falsa rappresentazione della realtà.

Altre tematiche ed iniziative
Ovviamente, l’ANPI deve portare avanti il lavoro su alcune questioni di grande rilievo intraprese in questi anni ed alcune in gestazione: 
Le stragi nazifasciste – continuare a cercare di ottenere verità e giustizia; riparazioni da parte della Germania; assunzione di responsabilità da parte dello Stato italiano per la vicenda dell’”armadio della vergogna”; portare a compimento l’”Atlante delle stragi”, anche nella versione più aggiornata, che comprende, oltre che le stragi di civili, anche quelle di partigiani uccisi non in combattimento.
La pubblicazione e diffusione degli atti del Convegno sulla “Partecipazione del Mezzogiorno alla liberazione d’Italia” – (importante strumento politico di memoria, di conoscenza e di riflessione).
La diffusione nelle scuole del volumetto della Costituzione con la introduzione del Presidente, sui “valori”.
La realizzazione in modo compiuto di tutti gli impegni assunti nel protocollo con il MIUR.
Il seminario sui “Confini orientali”, programmato per il 16 gennaio 2016.
L’incontro (assieme all’Istituto Cervi) sul tema del neo-fascismo e, più in particolare, dei comportamenti dello Stato (incontro programmato per dicembre 2015 o gennaio 2016).
Costituzione dei comitati nazionali e locali per il no alle riforme costituzionali e per la cancellazione
della Legge elettorale.
Proseguire nella serie di incontri con i giovani, in luoghi di particolare significato, continuando l’esperienza della Sardegna (La Maddalena e Caprera) di Marzabotto e Ventotene.
Sviluppare ed estendere le iniziative di formazione;
Proseguire, sviluppare e rafforzare la presenza delle donne nell’ANPI ed insistere sulla valorizzazione del ruolo delle donne nella Resistenza e nel periodo successivo alla Librazione, assumendo pienamente nella politica dell’ANPI le tematiche di parità, libertà e dignità.
Portare a compimento i progetti multimediali; in fase di realizzazione (rispettivamente: Promemoria: piattaforma multimediale educativa, sul web; censimento e mappatura dei monumenti  e cippi commemorativi
Progettare una grande iniziativa politica sulla rigenerazione della politica e sul ruolo dei partiti.



PARTE TERZA

E’ attrezzata l’ANPI per svolgere questi compiti? Ed in ogni caso, come deve svolgerli?

Sulla prima domanda, la risposta è pacifica. L’ANPI è una forte organizzazione, con oltre 120.000 iscritti, di tutte le età e sesso, di varia provenienza e di varia cultura, ritrovandosi tutti attorno ai valori tipici dell’Associazione. Le strutture territoriali provinciali sono presenti in tutta l’Italia (n. 110) in totale, così come le Sezioni (n. 3000). Benché non abbia certo mezzi rilevanti, e disponga di strutture  prevalentemente organizzate in forma di volontariato, è riuscita, in questi anni ad imporsi per l’autorevolezza e credibilità, sia tra i cittadini, sia nelle Istituzioni. Ha tenuto numerosi Convegni e altre iniziative, ha fatto pubblicazioni, corsi di formazione, dispone di un sistema di comunicazione complessivamente efficiente, in corso di modernizzazione (il quindicinale “Patria on-line”). Può farcela, dunque e soprattutto deve farcela se vuole affrontare con esito positivo la sfida del futuro; che è già presente, perché ormai sono sempre meno i partigiani attivi e i quadri intermedi sono composti prevalentemente da generazioni più giovani rispetto al passato e, spesso, più giovani comunque. D’altronde, se nel passato non sarebbe bastato restare nel recinto della memoria, pur arricchendolo, oggi è certo che occorre molto di più, sia in termini di memoria attiva (proprio perché vengono meno molte testimonianze) sia in termini di impegni e di lotta sui temi già esaminati, che sono molti , complessi e con ogni probabilità destinati ad ampliarsi.
Ciò che importa è assicurare la continuità, nel senso che il futuro va affrontato tenendo ben ferme le nostre radici ed a loro fare costante riferimento. 
Ci sarà certamente qualche difficoltà, nell’inserire in molti organismi direttivi persone di minore esperienza rispetto al passato; ma queste difficoltà saranno agevolmente superate con l’aiuto di tutti e soprattutto restando fedeli al nostro passato, alla Resistenza da cui veniamo, alla Costituzione che amiamo.
Bisognerà rinforzare la formazione continua, non solo dei giovani (come troppo spesso si dice) ma anche dei dirigenti e tenere ferma la barra sulla nostra identità, la nostra autonomia, le nostre ragioni di essere.
Sul “come”, il criterio da seguire è evidente: l’ANPI deve essere, sempre e comunque se stessa, erede della Resistenza, ma proiettata verso un futuro in cui c’è tanto bisogno di rafforzare i valori su cui essa si fonda. L’ANPI non è una organizzazione come tante altre: è una Associazione che si basa su tradizioni gloriose, ed è impegnata a sostenere princìpi e valori indicati da coloro che combatterono per la libertà, ma coltivati come una pianta in crescita, da tanti, che in questi anni hanno lavorato per consolidare la tradizione senza farne un mito e per puntare su un futuro da protagonisti.
L’ANPI non è un partito così come non è un  sindacato; non solo non lo è ma non può esserlo, pena la sua snaturazione.
Il partito, infatti, è una cosa ben diversa, anche nella previsione costituzionale; fa politica nel senso più ampio e specifico della parola, partecipa alle elezioni, esprime la volontà dei cittadini che lo seguono; sta nella competizione politica alla pari con altri, o in competizione con essi; “concorre, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale” (art. 49 Costituzione).
L’ANPI è tutt’altra cosa, anche se persegue fini (aristotelicamente) politici; non partecipa alle competizioni elettorali; non organizza i cittadini a fini specifici; ha una sua tradizione una sua identità, alcuni suoi fondamentali valori, che coincidono con quelli della Resistenza e della Costituzione. Si impegna in battaglie non di tipo elettorale, ma a sostegno dei diritti e dei valori costituzionali, guardando al futuro, ma restando saldamente ancorata al suo passato. Ha metodi di lavoro, di impegno, di lotta corrispondenti alla sua fisionomia ed alla sua identità. E guai se non fosse così; se scendesse nell’agone politico-partitico, se usasse i metodi tipici dei Partiti e perseguisse finalità che sono proprie dei medesimi, perderebbe la sua natura, il suo stesso “essere”. Questo non significa, ovviamente, che l’ANPI debba essere un’Associazione statica. Non fu statica la Resistenza e certamente non può esserlo l’Associazione che da essa proviene e che ne rappresenta i valori. Quindi, l’ANPI deve sempre agire, operare, “combattere”, realizzando iniziative che trasformino in pratica di lotta le enunciazioni di principio, sempre con le sue forme, i suoi metodi, le sue tradizioni. Deve inoltre essere uno strumento efficace nel presente e saper svolgere quel ruolo attivo e partecipe nel conflitto sociale che spetta ad un’organizzazione di massa che si batte fattivamente per raggiungere i propri fini statutari senza ambiguità e tentennamenti. Deve essere capace di cogliere i cambiamenti della società, non per adeguarvisi passivamente, ma per poter continuare, anche in forme diverse, ad essere “se stessa”. 
Abbiamo ripetutamente scritto che l’ANPI non può avere “governi amici”; un iscritto ha risposto che, se è vero, è anche vero che non può neppure avere “governi nemici”.
E infatti, non li ha, nel senso che non ci soffermiamo su tutti gli aspetti della vita del Governo, ma solo su quelli che incidono sulla Costituzione, sui rapporti col Parlamento, con i cittadini.
Se invece tacessimo di fronte a comportamenti specifici che riteniamo non corrispondenti all’interesse collettivo e al bene comune, allora si che cadremmo nell’opportunismo, che è un difetto che proprio non appartiene al nostro DNA.
Si può aggiungere che la linea è continuamente discussa negli organismi dirigenti nazionali, e verificata nel concreto. Tant’è che nessuno può lamentarsi di un nostro singolo atto o di una singola dichiarazione, se essa appartiene alla nostra identità e se essa rimane all’interno della linea che abbiamo determinato nelle sedi competenti. Una linea che deve essere approfondita anche negli organismi periferici con una discussione franca e seria che parta dai fatti e non dai pregiudizi. Si può anche dissentire da quella linea, ma motivatamente ed esplicitamente, perché non c’è nessuno che sia disposto a colpevolizzare il dissenso. Ma anch’esso, a sua volta, deve essere libero anche “internamente”, da pregiudizi. Può far male sentir criticare questo o quell’atto del governo, guidato dal partito cui si aderisce; ma non si pone un problema di alternatività o di compatibilità di tessere. Ognuno può essere iscritto al partito che vuole (purché non fascista) e contemporaneamente iscritto all’ANPI. Se nell’ambito dell’ANPI emergono critiche a questo o a quel comportamento di quel partito (o meglio, del Governo in cui è in maggioranza), l’iscritto potrà dissentire, spiegare le sue ragioni, ma se non saranno accolte, dovrà accettarle (pur conservando le sue idee personali) per senso di appartenenza all’ANPI. E non avrà alcun motivo di restituire la tessera né di essere criticato per il suo dissenso. Questo è il pluralismo vero. D’altronde, anche nei partiti, se sono democratici, può accadere di  restare in minoranza o in dissenso senza che da questo nasca (se non in casi particolarmente gravi) un problema di appartenenza e di compatibilità. Dovendo l'ANPI essere soggetto attivo non solo memoria storica del paese si deve porre però anche un problema di coerenza con il nostro statuto e con le  nostre convinzioni nel momento in cui professiamo a più riprese l'osservanza e l'irrinunciabilità dei principi contenuti nella Costituzione del 48 possiamo poi operare effettivamente affinché questi vengano stravolti o aboliti? In questo caso non è questione di diversa visione politica ma di concezione stessa dell'impianto democratico cosa per noi irrinunciabile sarebbe quindi quanto meno auspicabile che chi intendesse prendere una strada diversa, che si discosta anzi si contrappone al nostro stesso senso di esistere ne traesse democraticamente le proprie conclusioni. E d'altronde anche nei partiti cosi funziona un conto è la normale dialettica interna altro è la diversa concezione dell'essenza stessa dell'esistenza del partito. Questo infatti spiega anche la “necessità” del pluralismo dei partiti. Infatti ognuno si candida a rappresentare specifici interessi di una parte della società. Altrimenti avremmo il partito unico. Per noi non può essere diverso, ci siamo candidati a rappresentare con chiunque voglia stare con noi i principi costituzionali e a combattere per questi con tutti i mezzi democratici a disposizione pena la nostra inutilità. Insomma, l’ANPI deve restare all’interno della “coscienza critica” , garantendo al tempo stesso il pluralismo. Gli iscritti hanno tutti il diritto di critica e quello di far valere (democraticamente) le  proprie opinioni, sapendo che si può vincere o perdere, senza problemi e senza farne un dramma. Ancora una volta è una questione di rispetto  dei ruoli e di rispetto della democrazia interna.
Resta poi anche il problema dei modi e degli strumenti consoni a questa identità, che non sono – si badi bene – quelli della pura tradizione e del radicato costume,  ma si vanno aggiornando secondo i mutamenti sociali, politici, economici che si vanno verificando, ma sempre badando bene a restare un’ANPI riconoscibile e non confondibile con qualsiasi movimento; anche il migliore. Non perché i movimenti siano da sottovalutare, ma solo perché l’ANPI è, e deve essere, una cosa diversa, ancora una volta sé stessa. Siamo, dunque, per i diritti, difendiamo la Costituzione ed i suoi valori, ma con la dignità e la serietà di una Associazione che ha radici ben salde e sa bene che se esse venissero meno, essa stessa ne sarebbe snaturata. Insomma se – per fare un esempio - uno o più sindacati fanno uno sciopero, come è loro diritto (e talvolta dovere), noi possiamo ben condividerne le motivazioni e dobbiamo dirlo con chiarezza, fornendo il nostro appoggio morale; ma non ci metteremo a scioperare anche noi, ne seguiremo tutte le iniziative e le manifestazioni correlative, che restano di pertinenza dei sindacati e /o dei partiti, dai quali dobbiamo sempre distinguerci.
E poi, rigorosa è e deve essere, la nostra concezione (e l’effettiva pratica) dell’autonomia. L’ANPI deve collaborare con tutte le forze democratiche, i comitati, i collettivi, i movimenti che ne condividono i fini e gli obiettivi sempre senza rinunciare a ciò che riguarderebbe la sua autonomia, il suo prestigio, la sua autorevolezza, fra l’altro conquistata proprio a forza di essere liberi ed autonomi da tutti.
Non abbiamo pregiudiziali verso partiti o governi, che giudichiamo solo in relazione a comportamenti ed azioni specifiche e non sulla globalità, perché non è tanto il giudizio politico che conta quanto l’esercizio di quella coscienza critica del Paese che ci siamo assunti fin dal Congresso del 2011 ed alla quale non possiamo rinunciare mai. Coscienza critica, peraltro, non significa fare i “grilli parlanti”, ma significa esprimere giudizi ed assumere iniziative senza guardare in faccia a nessuno, anche se siamo sempre per il rispetto sia delle istituzioni che delle Associazioni, della società civile, dei cittadini.
Su tutto ciò che rientra nelle nostre funzioni e nei nostri fini, dobbiamo – con franchezza – esprimerci ed agire. L’ANPI non va dunque tirata per la giacchetta da nessuno: si deve sapere (e lo devono sapere anche tutti gli iscritti e i militanti) che sarebbe inutile, se non addirittura controproducente.
In questo periodo così complesso e talora confuso, l’ANPI ha affrontato questioni di grande peso ( come le Riforme costituzionali o la degenerazione della politica) ma lo ha fatto sulla base di discussioni molto frequenti nel Comitato Nazionale, nel quale – in cinque anni – si è votato sempre all’unanimità e con una sola eccezione in cui la decisione è stata assunta a grande maggioranza. Se queste discussioni, che si svolgono a livello nazionale, fossero ripetute e approfondite anche a livello periferico, ci sarebbe certamente maggior chiarezza e maggior adesione alle iniziative e alle battaglie dell’Associazione.
Insomma, per garantire contemporaneamente identità e autonomia dell’ANPI  e pluralismo, c’è solo il metodo del confronto e della discussione in tutte le sedi, non tanto per rimettere in discussione quanto deciso, ma per verificarne le modalità e i problemi di applicazione nella realtà concreta.  Naturalmente, tutto questo presuppone che si realizzino due fattori importanti. Il primo: un’effettiva partecipazione di tutti gli iscritti al lavoro dell’Associazione, sulla base della piena conoscenza di tutti i documenti, gli atti e le decisioni assunte; il secondo: un concreto e puntuale rispetto delle regole.
Perché ci si possa confrontare e si possa partecipare, bisogna garantire una diffusione effettiva di ogni atto fino all’ultimo iscritto e, possibilmente, anche fuori dall’ambito associativo; e il rispetto delle regole è una questione di coerenza e di funzionalità, non di disciplina gerarchica.
Su questo secondo aspetto, esistono ancora alcune incertezze e alcune tendenze a fare ognuno (Sezione o Comitato provinciale o addirittura iscritto) quello che vuole. Non può essere così. Abbiamo uno Statuto e un Regolamento, che vanno rispettati, altrimenti non c’è più un’Associazione, ma un insieme di soggetti riuniti per caso. Questo è un punto che merita di essere sottolineato: l’ANPI dispone di strumenti di garanzia (Commissioni di tipo istruttorio a vari livelli); sarebbe preferibile non dover mai ricorrere a questi organismi ed è sempre preferibile cercare una soluzione politica o un chiarimento; ma non è neppure concepibile una sorta di anarchia né tollerabile e consentito che iscritti od addirittura dirigenti dell’associazione possano operare fattivamente allo stravolgimento o alla cancellazione dei principi e valori contenuti nella Costituzione del ’48 in palese violazione degli scopi associativi.
Il rispetto delle regole è una questione di rilevanza politica e come tale va considerata, proprio per poter conservare autorevolezza e dignità dell’Associazione e svolgere i numerosi compiti che essa si è assegnata. A questo fine, nel bagaglio informativo dei nuovi dirigenti dovranno essere compresi, non solo lo Statuto e il Regolamento, ma anche gli atti congressuali (in particolare il documento politico che uscirà dal Congresso), nonché tutti i comunicati, le direttive, le prese di posizione e le iniziative degli organismi nazionali.
Nella fase di ricambio generazionale occorre adottare alcuni accorgimenti ed alcune iniziative proprio per meglio rendere applicabili le regole e i principi di cui sopra . Anzitutto, bisogna definire bene – ed una volta per tutte – la questione dei GIOVANI e l’approccio dell’Associazione nei loro confronti, considerando che siamo di fronte a radicali modifiche di abitudini, di modi di pensare, di stili di vita, in parte determinati anche dalla rivoluzione tecnologica e sapendo che questo rende più difficile e complesso il lavoro di formazione e l’approccio a questioni di grande rilievo come l’antifascismo.
Bisogna partire dalla condizione dei giovani, dalla eredità che gli stiamo lasciando, dalle responsabilità delle nostre generazioni per il futuro che gli abbiamo negato, gli stiamo negando o rendendo difficile. Inutile e sbagliato soffermarsi, come molti fanno,  sui loro presunti difetti e sui certi limiti  che vengono loro attribuiti. E’ stata questa società ad essere incapace di dare certezze, sicurezza, prospettive ai giovani; a tutelare chi aveva già una collocazione, un posto di lavoro, una forma previdenziale, piuttosto che quelli che erano “esclusi” e soprattutto erano privi di sicurezze. Se non si parte da qui, se non si cerca una strada, un modo, per riequilibrare una situazione scomposta ed assolvere ad un grave debito che tutti noi abbiamo contratto nei confronti delle nuove generazioni, sarà sempre difficile capirli e soprattutto avere chiarezza su ciò che occorre fare. Troppi stanno emettendo giudizi negativi sui giovani (e già la generalizzazione è sbagliata), forse per nascondere - anche a se stessi -le proprie responsabilità. Occorre invece guardare ai giovani senza pregiudizi e senza supponenza. Oltre tutto, considerando che sono proprio i giovani, che assai spesso ci danno severe lezioni di solidarietà e di impegno; col loro volontariato, anche in situazioni estreme e di fronte all’impotenza dello Stato.
Dando per scontate e pacifiche le differenze di mentalità, di preparazione, di modi di comunicazione e talora di comportamenti, bisogna avere chiarezza sul modo di considerare i giovani, non come qualcosa di estraneo, quasi da esorcizzare o temere, ma come coloro che gradualmente sono destinati ad assumere il controllo dell’Associazione, le cariche dirigenti, i posti di responsabilità. Deve essere allontanata ogni tentazione di giovanilismo, che non serve, per rafforzare invece un rapporto con i giovani per quello che sono cioè un universo che magari non sempre comprendiamo, ma è l’universo di oggi e del futuro; con le loro manchevolezze, ma anche con la loro capacità di intuizione, soprattutto se sanno utilizzare correttamente  l’enorme mole di materiale che la stessa rete (oltre alla carta stampata) ci fornisce. 
Una giovane iscritta, ha di recente, scritto al Presidente che “occorre il rispetto reciproco e il rispetto delle regole, perché dove si riesce ad aprire un confronto vero ne consegue un avvicinamento reciproco ed una migliore comprensione del presente”. Ha ragione ed è il caso di riportare anche alcune frasi significative e importanti del Presidente della Repubblica Mattarella che in un messaggio ad un Convegno ha scritto:
“Dobbiamo scommettere sui giovani, avere fiducia nella loro maturazione umana e sociale, dobbiamo investire nell’educazione, aiutare chi è in difficoltà, non con il tono paternalistico di chi possiede certezze immutabili, ma con la passione di chi vuole cercare i valori presenti negli altri. Per fortuna, nel nostro Paese ci sono tante esperienze vitali, ci sono tanti volontari, ci sono tante appassionate risorse morali, intellettuali, professionali che già operano per il bene comune e che costituiscono una rete insostituibile per la coesione sociale e per la qualità della vita di ciascuno di  noi”.
Si sono riportate due indicazioni, di una giovane e del Presidente della Repubblica, che ci aiutano meglio a capire che occorre “umiltà” nell’approccio (senza falsi giovanilismi), ma al tempo stesso continuità, comprensione ed autorevolezza, non imposta, ma da tempo, nei fatti, acquisita. Il che significa, ancora una volta: niente arroganza da nessuna parte , ma confronto reale, sincero, ricerca di comprendersi a vicenda e lavorare per il meglio.
Ed è giusto anche il richiamo alle “regole”, perché deve essere chiaro a tutti, giovani e non giovani, che da esse non è esonerato nessuno, né per ragioni di età, né per ragioni di posizioni professionali o culturali. Insomma fra generazioni diverse bisogna creare un rispetto vero, leale e sincero, a sostegno del lavoro comune, sulla base dei valori condivisi.
Del resto, non stiamo entrando in una zona oscura e nuova: è ormai da anni che l’esperienza ci consegna un quadro di giovani, a confronto non tanto con gli anziani, quanto con generazioni diverse, intermedie, che oggi rappresentano la maggior parte dell’ANPI. Dobbiamo procedere sulla strada della continuità, consapevoli di non aver sperimentato fino in fondo ciò che davvero occorre fare e di essere tenuti ad impegnarsi al massimo, perché il ricambio  generazionale non si realizzi solo perché gran parte dei più anziani è destinata ad allontanarsi dalla vita attiva, ma  perché questi mutamenti e passaggi sono necessari per l’aggiornamento e la vitalità di un’Associazione, per essere in grado di stare al passo con i tempi.
In questo senso si può ben dire che l’ANPI deve compiere un salto di qualità nella sua politica giovanile, cercando di inserire i giovani stabilmente nella propria organizzazione, di comprendere i loro problemi specifici e farsene portatrice, anche in termini propositivi, in una società che riconosca finalmente che i giovani sono la più grande risorsa e il più importante investimento di un Paese.
Per riassumere conclusivamente quanto si è fin qui rilevato, e non solo a proposito dei giovani, bisogna dire che, su tutti deve aleggiare la consapevolezza che non siamo proprio del tutto pronti ad affrontare i numerosi impegni che abbiamo elencato. In parte, occorrerà più esperienza concreta; ma ci vorrà anche molta formazione, per tutti, perché nessuno nasce “imparato”, secondo un vecchio detto e non sono solo i giovani  a dover arricchire la loro conoscenza.
Nessuno ha la verità in tasca; bisogna sperimentare e scoprire ad ogni passaggio, tutti insieme, quale è la strada, quale è la scelta migliore, non per restare fermi ma per crescere.
Un problema altamente e profondamente politico è quello del TESSERAMENTO, talvolta considerato come un atto formale, che si esaurisce nella consegna di una tessera a fronte del suo costo. Il tesseramento è, invece, un momento di grande importanza, da un lato perché ci procura le uniche risorse sicure di cui l’Associazione dispone, e dall’altro perché ogni adesione ci rafforza e ci sostiene. Ma deve essere una adesione, un atto consapevole, che vada al di là della simpatia e della stima e si avvicini a quel “senso di appartenenza” che è fondamentale per una Associazione come la nostra. Trascurando questo dato, si ottiene un risultato negativo sotto più profili: l’iscritto non diventa, se non sollecitato e “coltivato” un partecipe militante; e talora dimentica, l’anno successivo, di rinnovare l’iscrizione, se nessuno ha cercato di coinvolgerlo in qualche modo, invitandolo, facendogli pervenire i nostri atti, coinvolgendolo nei dibattiti e nelle iniziative, secondo le capacità e le responsabilità di ciascuno.
Si è scoperto, a seguito di qualche lieve flessione di iscrizioni, in questa o quella località, che non sempre le ragioni sono di natura ideologica (non condivisione della linea, etc.), anzi ben spesso dipendono da fattori apparentemente trascurabili, quali il venir meno del raccoglitore delle iscrizioni, il mancato contatto dopo la domanda di iscrizione, ridotta ad un atto burocratico, una relativa sottovalutazione dl problema: tutte cose che è ben possibile (e doveroso) eliminare con un po’ di buona volontà, sol che ci si creda e ci si attivi veramente, comprendendo che questa è la vita dell’Associazione, che non può e non deve avere altre risorse (oltre quelle pubbliche sempre più carenti). 
A proposito di risorse, è anche opportuno capire che tutto ciò che facciamo e faremo implica costi e risorse (il volontariato puro è sempre più difficile). Bisogna dunque considerare come un atto politico la destinazione del 5x1000 all’ANPI, finora non corrispondente alle reali possibilità dei nostri numerosi iscritti.
Se almeno la metà provvedesse in tal senso, la nostra situazione economica farebbe già registrare un netto miglioramento. Ma si può, si deve, fare di più.
Bisogna sforzare l’inventiva, ricorrere ai tanti mezzi, onesti, seri e trasparenti per raccogliere fondi. Uno di questi, anche se non direttamente collegato all’Associazione, è quello di far vivere, nelle Regioni in cui esistono, leggi che favoriscano ed aiutino la memoria, la diffusione della conoscenza della storia della Resistenza e della Costituzione. Ce ne sono di queste leggi, spesso non finanziate. Bisogna ottenere che i finanziamenti ci siano perché questo ci consentirebbe di costruire, magari non da soli, iniziative importanti, i cui oneri sarebbe impossibile sostenere. Sarebbe anche giusto, là dove queste leggi regionali non esistono, darsi da fare perché vengano approvate e finanziate. Questo aiuterebbe molto, in tutta Italia, il lavoro che spesso dobbiamo fare da soli per la memoria attiva, la conoscenza dei luoghi della Resistenza e dell’antifascismo, e così via. Da ultimo, va affrontato un quesito davvero fondamentale. Abbiamo tratteggiato una linea e definito impegni e battaglie. Ma da soli o con chi ?
L’ANPI è, ovviamente, contraria ad ogni forma di isolamento. Dobbiamo sempre operare, specialmente in tema di memoria, d’intesa con le altre Associazioni partigiane, di combattenti per la libertà, e di antifascisti.
Ma, negli anni, ed anche più di recente, non abbiamo trascurato di realizzare rapporti continuativi anche con le Istituzioni e Associazioni. Ne fanno fede il “ Protocollo d’intesa sottoscritto col MIUR, il 24 luglio 2014, per promuovere insieme la conoscenza storica e preparare le condizioni favorevoli alla formazione di una “cittadinanza attiva”. Abbiamo poi sottoscritto una convenzione con l’INSMLI, con la stessa finalità, ovviamente più proiettata sul terreno storico, formativo e documentale. Ma abbiamo anche stipulato, di recente, un’intesa con l’AUSER in cui si condividono molti dei progetti e delle azioni che intendiamo svolgere, soprattutto sui temi della democrazia, e dell’uguaglianza sociale. Abbiamo stretti rapporti con l’ARCI, con cui confidiamo di stilare un analogo protocollo d’intesa. Manteniamo rapporti fecondi con la CGIL, che ha nel suo seno anche una sezione dell’ANPI e con la quale conduciamo molte battaglie. E siamo sempre pronti a collaborare, mantenendo la nostra autonomia e la nostra identità con Associazioni come “Salviamo la Costituzione”, il “Comitato per la democrazia costituzionale” ed altri.
Bisogna continuare su questa strada, perché c’è bisogno di unire le forze per raggiungere, informare e – se occorre  - convincere i cittadini, che spesso sono distratti, indifferenti, disinformati.
E poi, quando il gioco si fa più duro, maggiori e più unite sono le forze in campo e più risultati si possono ottenere. Pertanto è necessario e fondamentale che si stabiliscano relazioni e collaborazioni con tutte le organizzazione politiche, sindacali e sociali, i movimenti, i collettivi ed i comitati che condividono le battaglie e gli impegni trattati nel presente documento, a partire in primis dal vasto movimento antifascista, affinché si possa concorrere sempre alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione Italiana in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli e di dare aiuto e appoggio a tutti coloro che si battono per quei valori di libertà e di democrazia che sono stati fondamento della guerra partigiana.
Bisogna, infine, fare attenzione anche alle “cattive compagnie”, cioè a coloro che vogliono utilizzare e strumentalizzare, per fini elettorali o di prestigio, il buon nome dell’ANPI adottando in seguito politiche od azioni in contrasto con i principi ispiratori dell’associazione stessa. Un po’ di cautela e di attenzione saranno sempre utili per discernere, come si diceva un tempo, “il grano dal loglio”.







PARTE QUARTA
STRUTTURE ORGANIZZATIVE
Restano valide molte delle indicazioni contenute nel documento Congressuale del 2011. In rapido dettaglio comunque, val la pena di compiere qualche approfondimento:

Comitato Nazionale
Ferma restando la contrarietà ad organismi pletorici, si è tuttavia seguita l’indicazione contenuta nel Documento politico del congresso di Torino, che riteneva necessario un aumento del numero dei componenti, avvalendosi del disposto del quarto comma dell’art. 5 dello Statuto che consente di procedere a cooptazione – oltre che nei casi di decesso, o impedimento assoluto – quando si renda necessaria per la funzionalità dell’Associazione. Al termine del Congresso di Torino, fu così deciso di portare a 37 il numero dei componenti. La misura è risultata efficace in tutta la prima fase. Poi si è provveduto ad alcune cooptazioni, in seguito al decesso di alcuni componenti del C.N. Ma la misura non è bastata, perché in realtà si è verificato il fatto che un gruppo dio componenti, per ragioni di salute, è venuto a trovarsi in situazioni di frequente impedimento a partecipare alle sedute. Nel Comitato Nazionale, si è deciso di non procedere, in questo caso, a cooptazioni “ex jure” ma di mantenere questi componenti, per particolare riguardo, nel Comitato Nazionale, provvedendo però ad integrare quest’ultimo con altre (limitate) unità, per fini di funzionalità. Di fatto, oggi il C.N. è composto di 36 membri e tale è forse opportuno che resti, essendosi realizzata, in tutte le sedute, un’ampia e positiva discussione, con sufficiente rappresentatività del pluralismo ed anche delle realtà territoriali. Sarà opportuno rafforzare ancora il livello culturale complessivo, mediante adeguate scelte di componenti in grado di assicurare un effettivo, costante e qualificato contributo.

Consiglio Nazionale Si è provveduto alla riduzione del numero dei componenti, che adesso appare equo. Le riunioni annuali si sono svolte regolarmente e con piena soddisfazione perché ogni volta la discussione è stata ampia, ricca di spunti e di indicazioni , anche di prospettiva.
Per il 2015, si è ritenuto di soprassedere essendo in preparazione il Congresso con relativa prevedibile spesa. Peraltro, sono state assai frequenti le riunioni periodiche (almeno ogni tre mesi) del C.N. e sempre sono stati formulati inviti a non componenti.
Coordinamenti regionali  Sono stati istituiti pressoché ovunque, svolgendo il ruolo previsto dall’art. 9 dello Statuto, con le integrazioni emerse dal Congresso di Torino (e in particolare  con quella dell’O.d.G. approvato dall’Assemblea congressuale, nella seduta conclusiva). Ha prevalso, ovunque, la figura di un Coordinatore regionale, accompagnato – se del caso – dal Comitato previso dall’art. 9 dello Statuto. In definitiva, questi coordinamenti regionali sono risultati di grande utilità, senza collocarsi al livello di un organismo statutario intermedio tra “nazionale” e provinciali. Laddove si è tentato di battere altre strade, eleggendo un Comitato con un vero e proprio congresso, la cosa ha funzionato ben poco ed, anzi, si sono spesso creati problemi. Allo stato attuale e considerando che oltre ai coordinatori regionali e in loro contatto diretto, operano tre Responsabili di Area (Nord, Centro, Sud ed Isole),  che a loro volta svolgono funzioni di coordinamento e di incentivazione, nonché di aiuto per la soluzione di questioni, o di controversie non risolvibili al normale livello, si ritiene non necessaria una modifica della strutture, così come previste da Statuto e Regolamento. L’attribuzione di maggiori poteri agli organismi regionali, in altre situazioni (ad esempio, nei sindacati) ha prodotto sempre risultati negativi. Non è il caso di correre questo rischio, in un momento in cui bisogna rinforzare il nostro potenziale, ma senza creare problemi nuovi e possibili attrito in questa o quella sede. Il perno fondamentale su cui si regge l’Associazione, appare ancora quello dei Comitati provinciali. Occorre, peraltro, affrontare alcuni problemi pratici circa la stessa possibilità di operare dei Coordinatori regionali, ed incrementare i loro rapporti, da un lato con gli organismi dirigenti nazionali e dall’altro, in ogni sede, con i Comitati provinciali, con i quali la collaborazione deve essere continua, fattiva e reciprocamente leale.
Strutture interne organizzative
Quanto alle strutture interne di vari organismi “periferici”, si conferma l’esigenza che, a
tutti i livelli, vi sia un Presidente, un Responsabile dell’organizzazione e un “Tesoriere”
(o meglio, un Responsabile dell’amministrazione”). 

A livello nazionale, l’esperienza di una Segreteria anche “politica” composta da membri del Comitato Nazionale, è risultata positiva, forse più dell’esperienza compiuta in varie sedi circa la costituzione, invece, di una “presidenza” più o meno allargata. Ma non si tratta di esperienze valide in assoluto, e dunque appare utile, ancora una volta, lasciare una relativa libertà di scelta fra queste ipotesi, tenendo fermo però quel minimum più sopra indicato e ribadendo che in ogni caso Segreteria o Presidenze elefantiache non giovano, anzi ostacolano un buon funzionamento degli organi. Per cui, Presidenza o Segreteria, dovrebbe sempre trattarsi di organismi relativamente ristretti (5-7 componenti, di massima). 
Coordinamento nazionale delle donne dell’ANPI Il Coordinamento ha fornito un’esperienza molto positiva, con varie iniziative di rilievo, tutte concordate con la Segreteria nazionale ed una, di particolare importanza (è risultata vincitrice – piazzandosi al primo posto - nel Concorso bandito dalla Presidenza del Consiglio per il 70°), in corso di attuazione, sia per quanto riguarda le ricerche storiche, sia per ciò che attiene al Convegno che si svolgerà a Torino il 14 novembre 2015, sui “Gruppi di difesa delle donne”. Vi sono tutte le ragioni, dunque, pe confermare questa articolazione, così come previsto dal secondo comma dell’art. 8 del Regolamento, semmai prevedendo un’intensificazione del lavoro del Coordinamento, con un più ampio coinvolgimento delle donne dell’ANPI e in particolare delle giovani e con una maggior attenzione, oltre alla memoria, allo sviluppo dell’emancipazione femminile, dalla Resistenza in poi ed alla condizione femminile nell’epoca attuale a partire dalla difesa e dall’applicazione della legge 194 per la tutela della maternità consapevole, e più in generale dei diritti conquistati in seguito a dure lotte. Occorrerà anche incrementare l’attenzione degli uomini nei confronti di questi problemi e dello stesso Coordinamento, eliminando antichi pregiudizi, a cominciare da quello che induce a ritenere che i problemi delle donne riguardano solo loro e non l’intera collettività. L’ANPI dovrà fare un passo avanti, su questo terreno, proprio in occasione del ricambio generazionale, del quale bisognerà approfittare per realizzare, anche nelle cariche dell’Associazione, quella parità effettiva che costituisce l’obiettivo di fondo dell’art. 3 della Costituzione.
LA COMUNICAZIONE Inutile ribadire che la comunicazione è un elemento essenziale, per la vita e l’attività dell’Associazione. Essa, dunque, deve raggiungere, in ogni sede, il più alto livello possibile, scegliendo – nella gamma delle soluzioni possibili – quella più moderna ed efficace, senza abbandonare però la possibilità di usufruire di una forma di informazione anche per coloro che non hanno familiarità con gli strumenti più moderni e innovativi. L’ANPI dispone attualmente: a) della Newsletter settimanale (riservata a informazioni sulle iniziative di maggior rilievo a livello nazionale ed alle “note” del Presidente; b) dal 15 settembre, di “Patria on-line”, quindicinale (in via sperimentale) che oltre alle pubblicazioni on-line, prevede due fascicoli all’anno, in cartaceo, di puro “approfondimento” di temi specifici; c) del “sito web”, di recente aggiornato e frequentato in modo significativo; d) di una pagina su Facebook, anche questa piuttosto frequentata. Sulla Newsletter e su altri strumenti di “informazione e orientamento”, dotati di una certa immediatezza e continuità (tanto da aver ottenuto, nel tempo, un crescente successo), si ritiene giusto che il Congresso, se crede, esprima il suo parere, ma lasciando le scelte ai nuovi organismi e in particolare al nuovo Presidente. Per “Patria on-line” si sta facendo di tutto per sperimentarlo  al meglio; ma occorrono giudizi consolidati e c’è tempo fino al Congresso per decidere se l’esperimento merita di essere proseguito (non più come esperimento, ma in forma continuativa) ed eventualmente con quali correzioni e integrazioni. Lo strumento è di tale importanza (essendo, al tempo stesso, organo di informazione, di comunicazione e di stimolo alla riflessione), da rendere necessario mantenerlo come tale  o reperire una soluzione diversa, ma con le stesse caratteristiche di fondo. In ogni caso si ribadisce che esso è essenziale per la vita stessa dell’Associazione nel suo complesso. Sugli altri strumenti, ormai consolidati e in fase di sviluppo si può dire soltanto che sono insostituibili e, semmai, vanno incrementati e rinforzati, naturalmente nei limiti delle possibilità materiali (tecniche, economiche e umane) di cui l’ANPI dispone. Principio fondamentale deve essere quello dell’assoluta trasparenza e della maggior ampiezza e diffusione di informazioni. Il risultato da perseguire  è che ogni iscritto, ogni amico dell’ANPI riceva comunicazioni e informazioni sufficienti anche a contrastare le ben note difficoltà e situazioni critiche (e criticabili) in cui versa l’attuale sistema informativo nazionale, pubblico e privato.
LA FORMAZIONE Si ribadisce che si tratta di uno dei momenti fondamentali della vita di una Associazione come l’ANPI. Si è fatto, finora, il possibile, ma bisogna fare di più. La formazione va fatta dovunque, con i mezzi di cui di dispone e col materiale nazionale già da tempo disponibile. Essa deve riguardare anche la storia, l’organizzazione e la vita dell’Associazione è necessario che almeno ogni dirigente, ad ogni livello, ne abbia piena conoscenza . La formazione (così come la comunicazione) si avvarrà , nel tempo, anche dei progressi che si stanno facendo nel campo dell’ANAGRAFE DEGLI ISCRITTI, sulla quale prima del Congresso possono essere forniti i seguenti dati: inserito sino ad oggi, 26 Comitati provinciali, per un totale di circa 25.000 iscritti; in fase di inserimento (entro fine anno) 12 Comitati provinciali, per un totale di circa 14.000 iscritti; con previsione di ulteriori inserimenti fino alla data del Congresso. Siamo dunque a buon punto, sebbene l’obiettivo di disporre di un’anagrafe completa, in occasione del Congresso, non sarà raggiunto, anche perché, in alcune sedi c’è stata una certa sottovalutazione dell’importanza di questo strumento. Ma sono stati fatti passi in avanti decisivi, e bisogna completare tutto al più presto. Per la semplice ragione che l’anagrafe non è solo una raccolta di dati, ma è uno strumento politico di conoscenza e di orientamento per tutti i livelli, dal Nazionale fino all’ultima Sezione.
STATUTO E REGOLAMENTO Tutte le modifiche che si potevano ( o dovevano ) apportare allo Statuto sono state fatte. Non sarebbe né opportuno né utile procedere ad ulteriori modifiche, proprio in una fase di cambiamento generazionale, che susciterà evidentemente non poco interesse e molta attenzione su ciò che l’ANPI sta facendo, con le radici nel passato e le proiezione verso il futuro Una sola modifica è stata effettuata nell’ultimo quinquennio, per adeguare alcune norme dello Statuto alle leggi vigenti. Essa è già stata approvata, con la presenza di un Notaio, dal Comitato Nazionale, ma dagli organi ministeriali è stata ritenuta necessaria anche una ratifica da parte del Congresso, che ovviamente vi dovrà provvedere. Quanto al Regolamento, ben poche sono le segnalazioni finora pervenute per eventuali modifiche.
Sembra opportuno che il primo Comitato Nazionale successivo al Congresso ricostituisca la Commissione per il Regolamento, attribuendole carattere permanente, in vista di periodiche verifiche e affidandole l’incarico di esaminare subito sia le proposte pervenute prima del Congresso, sia quelle avanzate nel Congresso ed altre dettate dalla concreta esperienza, per poi formulare una proposta complessiva ed organica all’organismo competente.
GIORNATE NAZIONALI  Restano fondamentali: il 27 Gennaio (Giornata della memoria), il 25 aprile (Festa della Liberazione), il 9 maggio (Giorno dedicato alle vittime del Terrorismo e delle Stragi), il 2 giugno (ormai consolidato come Festa della Repubblica e della Costituzione), il 10 febbraio (Giornata del Ricordo, ma di tutto il ricordo storico e non solo di una parte di esso, come molti vorrebbero). A proposito del 25 aprile, va ricordato che esso non può essere inferiore a quello dello scorso anno, dato che il 2016 è il 70° anniversario della Repubblica ed anche l’anniversario del primo voto delle donne. Eventi che comunque dovranno anche essere oggetto di specifiche iniziative nel corso dell’anno.
FESTA NAZIONALE Certamente la festa nazionale è un importante momento di incontro, di memoria, di riflessione e di dibattito, utile sia per l’Associazione come tale, sia per la sua proiezione verso l’esterno. Peraltro, si tratta di una esperienza da rimeditare in modo approfondito, sia in relazione ai costi crescenti anche per la diminuzione effettiva di una parte del volontariato storico, sia in relazione alle tante possibilità di realizzare in modo diverso e vario degli incontri di cui buona parte da dedicare ai giovani secondo le positive esperienze della Maddalena, di Ventotene, etc. Va compiuta, sotto questo profilo, un’approfondita valutazione di carattere economico-politico, che consideri -  da un lato
– la crescita degli impegni e dall’altro la relativa riduzione delle entrate.
ARTICOLAZIONI DELLE STRUTTURE E’ auspicabile che si intensifichino forme di articolazione delle strutture in apposite sedi, anche per avvicinare di più l’ANPI alle realtà sociali di maggior rilievo: costruire, ad esempio, Sezioni universitarie e Sezioni di “lavoro” (oltre quelle già esistenti alla CGIL e in alcune Camere del Lavoro) e così via; naturalmente, restando sempre nell'ambito attualmente previsto in termini generali e senza procedere ad inutili “invenzioni”.
LE STRUTTURE MATERIALI I compiti dell’ANPI sono enormemente cresciuti e così anche l’impegno, il numero e l’entità delle iniziative nazionali, assolutamente necessarie se il “Nazionale” non vuole essere (e non deve esserlo) una struttura statica. Ma l’apparato continua  ad essere poco diverso da quello di un tempo, sia quello politico, sia quello amministrativo. Anche in questo caso non basterà un certo ricambio generazionale, ma necessiterà procedere ad un irrobustimento concreto ed effettivo del “sistema” attualmente raccolto in via degli Scipioni. Questo è un punto politico e non meramente organizzativo; ci sono risvolti economici seri e ci sono, altrettanto seri risvolti politici. Non è certo in sede Congressuale che si potranno adottare specifiche misure. ma una posizione ferma del Congresso, anche su questo punto, aiuterà i futuri organismi dirigenti ad individuare le soluzioni più opportune per far fronte adeguatamente agli impegni crescenti, pur nella compatibilità con i nostri bilanci.
PRESIDENZA ONORARIA  Visto l’esito negativo dell’esperimento che il precedente Congresso aveva ipotizzato (istituzione di un Comitato d’onore) davanti alla constatazione che ci si sarebbe inesorabilmente trovati di fronte o una duplicazione della Presidenza onoraria oppure ad una duplicazione di compiti riservati agli organismi dirigenti nazionali, appare opportuno soprassedere e restare fermi sulla Presidenza onoraria così come concepita dall’art. 7, lettera A), dello Statuto, attribuendole in concreto il compito di valorizzare il contributo di quanti hanno combattuto e lavorato per la libertà e di coloro che si sono interamente dedicati a garantire l’efficace funzionalità dell’Associazione.
LA TESSERA AD HONOREM Statuto e Regolamento dettano regole precise, che, peraltro – in molte sedi - non vengono rispettate. Se obbedissimo davvero a quanto previsto, la tessera ad honorem, oggi, dovrebbe essere una rarità assoluta. C’è da ritenere che non ci sia nulla da modificare, ma solo da rispettare le regole che ci siamo dati.
D’altronde, se si vogliono dare attestati di amicizia, ci sono altri strumenti a disposizione, meno impegnativi sul piano morale. Ad esempio, l’art 2, comma 2, lettera B), del Regolamento prevede l’attribuzione della tessere “amico dell’ANPI” a chi abbia significativamente collaborato con le Sezioni, o con i Comitati provinciali. Questo strumento può essere utilizzato in molte occasioni, senza snaturare il senso e la funzione della tessera ad honorem, come stabilito dall’art. 22 dello Statuto. Esistono, del resto, molti altri modi per dimostrare riconoscenza e stima a persone particolarmente qualificate.



CONCLUSIONE

Un’importante sentenza del Tribunale Militare di Verona, nell’ammettere l’ANPI come parte civile in un processo relativo a stragi compiute nel 1944 da nazifascisti, ha dichiarato testualmente: “l’ANPI è storicamente l’erede, in forma statutariamente riconosciuta, di tutti quei gruppi e formazioni che dal 1942-43 in avanti hanno costituito centro di riferimento collettivo di grandissima parte della popolazione italiana, che animata dal medesimo sentimento di restituire al Paese libertà e democrazia, ha agito nelle più avanzate forme, anche non necessariamente armate. Di quei gruppi e formazioni l’Associazione è l’erede spirituale, stante l’identità dei fini”. Una frase bellissima, che ci onora e ci impegna. Essere eredi spirituali di un patrimonio di immenso valore significa non solo “amministrare e gestire” quel patrimonio valoriale, ma anche farlo vivere, nel concreto, realizzando i sogni, i pensieri, le attese di chi è caduto per la libertà. Significa che i tempi  e le condizioni politiche, sociali, economiche, morali, possono cambiare, ma quei fini (libertà e democrazia) vanno sempre perseguiti, con ogni mezzo e con ogni strumento, anche adattandosi, nelle modalità, alle innovazioni politiche e culturali, ma restando fedeli ai princìpi e facendo sempre tutto ciò che è possibile per renderle operative nella realtà. Questo dunque, ci impegna – prima di tutto – ad essere noi stessi, noi Associazione Partigiani d’Italia, orgogliosi del patrimonio morale di cui disponiamo, ma decisi a conservarlo e praticarlo, tenendo ferma la nostra identità, la nostra autonomia, la nostra indipendenza rispetto ad ogni fattore esterno, in relazione agli anni grandiosi della Liberazione d’Italia e della Costituzione.  Noi non “rottamiamo” nessuno; cambiano le generazioni, ma non cambia il nostro logo, nel quale sono riassunti tutti i nostri valori, quelli della Resistenza e della Costituzione repubblicana. I tempi si fanno più difficili, ma per noi resta fermo l’imperativo categorico di far svolgere all’ANPI il ruolo che le è stato assegnato dalla storia, senza iattanza, con la consapevolezza e l’orgoglio di ricordare sempre da dove veniamo, chi siamo e chi dobbiamo essere; e soprattutto di come dobbiamo guardare al Paese, non dall’alto di una sorta di inesistente, nobiltà ma con la coscienza critica, di chi vuole, pretende, esige (e ne ha il diritto per l’eredità di cui siamo investiti) che quei valori vengano rispettati, attuati, resi sempre più concreti e tangibili. È questo il senso della nostra attività, del nostro lavoro, in definitiva proprio della nostra stessa esistenza: come una Associazione che non vive di ricordi, ma li fa vivere, guardando al presente e al futuro. Ai dirigenti, agli iscritti, ai vecchi e ai giovani, alle donne e agli uomini deve essere chiaro e fermo che l’ANPI esiste ed esisterà per difendere la democrazia, per praticare l’antifascismo, per ottenere libertà, eguaglianza e dignità, nel nome della fratellanza e della solidarietà, che furono tanta parte della Resistenza e che debbono restare il collante di tutti i sinceri democratici, contro ogni rischio di deviazioni rispetto al percorso che la Costituzione, in nome di tutti i combattenti per la libertà ci ha perentoriamente indicato.
28 Ottobre 2015 Comitato Nazionale ANPI

Nessun commento:

Posta un commento